Parlare di True Detective non sarà cosa semplice. È richiesto un dono di sintesi spiccato per raccontare i pregi (tanti) e i difetti (pochi) di una serie che è già culto negli Stati Uniti e che si appresta a sbarcare in Italia con il lancio di Sky Atlantic.


Tutto parte dalla Louisiana, piccolo stato nel sud degli Stati Uniti. Nota agli appassionati di musica, come il sottoscritto, per il Jazz di New Orleans (Armstrong su tutti) è portata all'estremo da una attenta ricerca degli ambienti più grigi, polverosi, misteriosi e solitari. Questo è il palcoscenico, perfetto, su cui si ritrovano a recitare due interpreti in stato di grazia.

Uno, Matthew McConaughey, fresco di premio Oscar come migliore attore con Dallas Buyers Club, chiamato a vestire i panni di Rust Cohle, agente tanto fascinoso e colto quanto nichilista e arrogante. Indifferente e cinico sfodera citazioni di alto livello (Ligotti per intenderci) che sono paletti conficcati in profondità nelle sicurezze di Martin Hart, messo in scena magistralmente da Woody Harrelson. Detective segnato da una vita di insoddisfazioni, abuso di alcool e una serie di relazioni extra coniugali, è costretto a vivere all'ombra del collega maggiormente dotato di carisma, fascino e brillantezza (un plauso va fatto alle espressioni facciali inanellate da Martin in risposta alle elucubrazioni filosofiche del collega).

Nic Pizzolatto, autore della serie, è scrittore attento. Il personaggio di Rust, che da solo riuscirebbe a tenere in piedi l'intera serie, è sfacciatamente ripreso dal suo romanzo Galveston e amplificato nella sua perfezione dal McConaughey. Unico neo di T.D. è forse la poca originalità della trama. Non tanto per i dettagli, che sono a volte sovrabbondanti, ma per l'inconsistenza. Né un trhiller, né un horror si ritaglia una sua parte in quell'etichetta wierd, ovvero ambigua, bizzarra e fuori dagli schemi.


La regia di Cary Fukunaga e una fotografia perfetta fanno da palcoscenico ideale non solo alla storia, forse la vera unica nota dolente, e ai già sopracitati personaggi, ma ad una colonna sonora ricercata e originale che è, da appassionato, un vero colpo da KO.

Non c'è solo la opening song dal titolo Far From Any Road, targata The Hansome Family, ma anche straordinari pezzi dei Grinderman (Nick Cave per interderci), dei Primus (del mai abbastanza ammirato Les Claypool) dei Melvin o degli storici Kinks. Una colonna sonora che ci ripromettiamo di approfondire in un altro articolo ad hoc.

Aspettando di vederla in Italia, lascio spazio ad alcuni Tweet (#truedetective) di chi l'ha vista in lingua originale e che riassumono al meglio quello che può diventare True Detective per lo spettatore: "Questi due che parlano di religione mi fanno cappottare!", "tutto quello che vorrei fare adesso è passare il pomeriggio a riguardare l'intera stagione di True Detective, e invece...", "oggi ho visto un'amica che è senza internet e sono stata accolta da 'Hai portato le puntate di True Detective vero? vero?'".