La Web tax è la nuova imposta introdotta dall'emendamento alla legge di stabilità 2014, su proposta di Edoardo Fanucci (Pd).

La web tax, nota anche come Google tax, cerca di regolamentare il regime fiscale dei colossi di aziende del calibro di Google, Facebook, Amazon, che operano su Internet nel mercato italiano.

Per tutti questi soggetti è adesso previsto l'obbligo di apertura di partita Iva italiana, e allo stesso tempo l'acquisto della pubblicità, di banner, link o sponsorizzazioni online, soltanto da possessori di partita iva.

L'approvazione della Web tax ha scatenato non poche polemiche ed un forte dibattito in rete; per alcuni infatti la sua introduzione, che si pensa diverrà ufficiale a luglio, potrebbe produrre un risultato molto dannoso per l'Italia.

La Web tax potrebbe infatti produrre un allontanamento dell'Italia dall'economia digitale, ostacolando un settore di forte crescita e futuro, qual'è il  settore digitale, un comparto che oggi copre il 3,1% del nostro Pil e che basa gran parte delle sue risorse sulla cooperazione delle aziende straniere.

Se da un lato l'introduzione di questa legge potrebbe portare dei benefici, dall'altro causerebbe molti danni a persone che si occupano di pubblicità online e che traggono profitto da queste aziende.

Oggi senza Web tax, le aziende estere possono acquistare pubblicità online anche da soggetti che non sono possessori di partita iva ed avere cosi introiti netti e senza tassazione.

Con l'entrata in vigore della Web tax, l'acquisto della pubblicità su internet dovrà al contrario essere effettuato esclusivamente mediante bonifico bancario o postale dal quale devono risultare i dati identificativi del beneficiario, per una perfetta tracciabilità dei pagamenti, oltre che per verificare il rispetto dell'obbligo di partite iva.