Il governo Renzi ha proposto in questi primi mesi di governo le due principali riforme che dovranno attuare l'attività di adeguamento dell'attuale struttura istituzionale alle esigenze di un'Italia che richiede un taglio deciso ai costi della politica e più celerità nell'iter di approvazione delle leggi. Procediamo con l'analisi sintetica di entrambi i provvedimenti.

Riforma del Senato

Assemblea delle autonomie è il nuovo termine con cui si designerà la seconda branca del Parlamento. A differenza della Camera dei Deputati essa non dovrà essere più organo elettivo.

La composizione prevista è la seguente: 150 senatori anziché 322 (315 più sette senatori a vita), suddivisi in 108 sindaci, 21 presidenti delle regioni e 21 cittadini scelti dal Presidente della Repubblica quali rappresentanti della società civile. Ciò attribuirà quindi un potere abbastanza rilevante al Capo dello Stato. Un'influenza nella sfera politica sicuramente maggiore rispetto a quella mostrata ad esempio da Giorgio Napolitano negli ultimi tre anni. Per ciò che concerne le competenze, l'assemblea non potrà più votare sulla fiducia al governo e sul bilancio. Le materie in cui essa potrà esprimersi saranno tassativamente indicate nella costituzione: potere legislativo, esercitabile solo in campo costituzionale e congiuntamente con Montecitorio; sempre con i deputati eleggerà il Presidente della Repubblica; in caso di parere negativo o proposte di modifica del nuovo Senato su alcune questioni tra cui il Bilancio, la Camera dovrà esprimersi con la maggioranza assoluta.

Novità fondamentale: nessuna indennità per i membri e niente più senatori a vita.

Legge elettorale

In coerenza con l'abolizione o, detto più correttamente, trasformazione del Senato, la Camera sarà unico organo elettivo. Di conseguenza l'Italicum potrà valere esclusivamente per tale organo. Il sistema elettorale rimarrà proporzionale, ma con possibile doppio turno.

La percentuale che occorrerà a ciascun partito raggiungere per ottenere il premio di maggioranza (tra il 53 e il 55%), è del 37%. Se nessuno oltrepassa il quorum previsto si dovrà ricorrere al ballottaggio a cui possono partecipare solo i due candidati che avranno ottenuto più voti. Le soglie di sbarramento previste sono tre: 12% per le coalizioni, 4,5% per le liste interne, 8% per le liste singole.

Per quanto concerne i collegi plurinominali: circoscrizioni piccole da 3 a 6 seggi al massimo e nomi indicati direttamente nella scheda (senza però possibilità di esprimere preferenza). La lista dei candidati dovrà essere costituita da un numero paritario di donne e uomini. Una scelta questa, che ha suscitato la perplessità in senso negativo di numerosi esponenti delle varie forze politiche, in particolare del M5S. Oggetto di contestazione è il tentativo di realizzare una parità di genere in modo "forzoso", senza tener conto delle pari capacità di un politico di sesso femminile di raggiungere una posizione a livello istituzionale rispetto a un concorrente del genere opposto.