Partiamo dalle informazioni che hanno stupito anche i meno impressionabili: secondo un'elenco pubblicato dal ministero dell'economia e delle finanze nel 2009 (al lordo), i nostri manager pubblici sarebbero tra i meglio retribuiti in Europa. Per dare un'idea, ecco le prime 6 posizioni della suddetta classifica:

  1. il presidente e amministratore delegato di Finmeccanica S.p.a. che, al 2009, percepiva ben 5.560.000 euro;
  2. l'amministratore delegato e direttore generale di Enel S.p.a. con un trattamento economico pari a 3.236.308 euro;
  3. l'amministratore delegato e direttore generale di Eni S.p.a. che riceveva ben 3.077.000 euro;
  4. il presidente di Eni S.p.a. con uno stipendio di 1.131.000 euro;
  5. il presidente di Enel S.p.a. con un identità pari a 923.348 euro;
  6. l'amministratore delegato e direttore generale di Poste italiane S.p.a. con 886.035 euro.

Già in passato presidenti come Prodi, Berlusconi, Monti e Letta provarono a tagliare questi super stipendi, volendo imporre un tetto massimo pari al compenso ricevuto dal primo presidente della Corte di Cassazione (sui 300.000 euro lordi annui).

Uno spiraglio di luce verso tale direzione era arrivato solamente con il governo Monti, il quale riuscì ad applicare questi tagli solo a parte dei dirigenti pubblici e ministeriali, ma non anche ai vertici delle società controllate dallo stato, obbiettivo in parte raggiunto con il governo Letta.

Se Renzi riuscirà a far approvare la sua proposta, il limite ai compensi si sposterà a 239.181 euro (lordi annui), pari all'indennità percepita annualmente dal presidente Napolitano. Anche se, purtroppo, tale linea di demarcazione lascerebbe più o meno invariata la sopra riportata classifica dei più pagati, perché andrebbe solamente a colpire le sommità delle società sotto controllo statale non quotate in borsa.