Quello che dirà Renzi alla direzione odierna del partito non è scontato. Contrariamente a quello che la stragrande maggioranza dei media ritiene, sono convinto che non diventerà primo ministro, o, meglio, non sostituirà nel breve periodo Letta alla guida del governo.

Siamo tutti abituati alle capriole dei politici, pronti a giustificare capziosamente qualsiasi propria scelta, promuovendola come necessaria al bene del paese o, mal che vada, al bene del proprio partito.

Ma per Renzi diventare Capo del Governo non sarebbe solamente una capriola, ma un vero e proprio salto mortale.

Non starò qui a ricordare tutte le volte che il sindaco di Firenze, che oggettivamente, fino a oggi, ha rappresentato una novità nel panorama politico italiano, ha ripetuto di non volere ripetere i comportamenti della vecchia politica; solo pochi giorni fa, il 29 gennaio, scriveva sulla sua pagina Facebook, commentando i passi in avanti della sua proposta di legge elettorale, che questa avrebbe evitato larghe intese, ricatti dei piccoli partiti, inciuci alle spalle degli elettori.

Che cosa è cambiato, in questi pochi giorni, che potrebbe avergli fatto cambiare idea? Il governo vivacchia (come succedeva a gennaio), i sondaggi vanno, per il PD, discretamente bene (come succedeva a gennaio), l'economia sta stancamente iniziando a riprendersi (senza che probabilmente la classe politica abbia particolari meriti in tal senso).

L'unico campanello di allarme sentito dal Sindaco di Firenze potrebbe riguardare il percorso della legge elettorale, su cui Renzi sta investendo parecchio. Sappiamo delle contrarietà della minoranza interna al PD, che, pur rappresentando una piccolissima percentuale di quel popolo (e mi chiedo quanti siano gli italiani che si sentano da essa rappresentata) ha un notevole peso parlamentare, che forse potrebbe rallentare, o, al peggio, far naufragare la legge.

Tuttavia, malgrado le presumibili difficoltà, non pare che il percorso della legge sia in pericolo, e quindi non è probabilmente per questo che Renzi dovrebbe cambiare la propria strategia politica.

Il sindaco di Firenze sa che un eventuale governo con Alfano, con i resti del partito di Monti e forse con qualche grillino in fuga o già fuggito non andrebbe da nessuna parte.

Le riforme da lui auspicate non andrebbero oltre al cambiamento della legge elettorale (che si può fare con Letta), le differenze in materia economica tra i partiti della coalizione sarebbero troppo significative per concepire reali politiche di svolta e, in tema sociale, le diversità si sono già evidenziate nei scorsi giorni (ricordiamo solo le differenti prese di posizione in materia di nozze gay).

Il rischio di "bruciarsi", insomma, è incontestabilmente maggiore della possibilità che un governo a sua guida possa riuscire ad incidere di più di quanto abbia fatto Letta, essendo le forze in campo e i rappresentanti politici i medesimi.

Quello che noi crediamo è che Renzi saprà ancora aspettare; spingerà sull'acceleratore costringendo Letta ad alzare la posta in gioco (che, già per conto suo, continua a fare promesse mirabolanti), per poi staccare la spina, come abbiamo avuto già modo di dire in Legge Elettorale, Renzi Propone non appena sarà approvata la legge elettorale.