Ormai è ufficiale: il calcio italiano, almeno stando ai risultati delle squadre italiane nelle coppe europee, è decisamente in crisi.

Dopo aver perso per strada tutte le partecipanti alla Champions League, con il Milan eliminato agli ottavi di finale dall'Atletico Madrid e la Juventus e il Napoli fate fuori, con merito o meno, fin dai gironi eliminatori.

Speravamo che almeno l'Europa League potesse darci qualche soddisfazione in più, vista la presenza di 3 squadre negli ottavi di finale, ma così non è stato, visto che due su tre (il Napoli e la Fiorentina) sono state eliminate.

Non resta dunque che sperare nei colori bianconeri per tenere alta la nostra bandiera in Europa, ma già dai quarti di finale contro i francesi del Lione non sarà così semplice.

Quello che una volta era definito da tutti il calcio più bello del mondo, oggi non ha più nessun appeal, né per i tifosi internazionali, né per gli sponsor, né tantomeno per i top players, che preferiscono di gran lunga Inghilterra, Spagna o Germania (ma ultimamente anche la Francia) per cercare di realizzare le loro ambizioni.

Cosa è successo, dunque, al calcio italiano?

I motivi del declino ci sembrano essere fondamentalmente 3:

1) Banalmente, sono finiti i soldi.

E' finita l'epoca dei Berlusconi, dei Moratti, dei Cragnotti, dei Tanzi.

Della vecchia stirpe degli investitori "a fondo perduto" nel calcio, sono rimasti ormai solo gli Agnelli, e guarda caso la Juventus è l'unica squadra che vince a mani basse in Italia e sopravvive in Europa, pur senza brillare.

Il resto dei Presidenti, per quanto ottimi manager, pensano prima al bilancio e poi alla parte sportiva, poi se vengono anche dei risultati è tutto grasso che cola (vedi il Napoli di De Laurentiis, la Fiorentina dei Della Valle, la Roma degli Americani o l'Udinese dei Pozzo).

All'estero, invece, tra sceicchi, magnati e grandi azienda, il discorso è completamente diverso.

Ne consegue che i top players (abilmente guidati dai loro procuratori) dirigono le proprie attenzioni altrove e considerano l'Italia solo una tappa di passaggio. Una volta eravamo noi a comprare i Maradona, i Platini ed i Van Basten dall'estero, oggi sono loro che comprano i Cavani e gli Ibrahimovic da noi.

2) Meno banalmente del punto precedente: il campionato italiano non è allenante per le competizioni europee.

Chiunque capisca un po' di calcio si rende conto, guardando partite dei principali campionati esteri, che il campionato italiano è fisicamente, ma soprattutto tatticamente, inferiore agli altri campionati.

Nel 90% dei casi, guardare una qualsiasi partita del campionato italiano equivale a vedere due squadre che puntano solo al risultato. Il bel gioco e lo spettacolo sono un optional non necessario, l'importante è vincere, costi quel che costi. La retrocessione è la cosa peggiore in assoluto che possa succedere ad una squadra di calcio italiana, perché significa il disastro economico, le contestazioni violente dei tifosi, la fuga dei buoni giocatori, quella degli sponsor e quella delle pay tv.

Una catastrofe.

Il risultato è che la maggior parte delle squadre è tornata ad utilizzare il buon vecchio modulo all'italiana, difesa ad oltranza (con qualche bella scorrettezza qua e là che non fa mai male, vedi l'abbondante uso della prova TV che si fa in Italia) e contropiede.

L'altra faccia della medaglia, però, è che le partite così sono poco interessanti, spesso noiose, avare di gol e di azioni rilevanti, ed il pubblico (soprattutto quello internazionale) perde interesse così che il calcio italiano scivola sempre più nel dimenticatoio.

La conseguenza più evidente di tutto ciò è che quando andiamo in Europa a confrontarci con squadre dei campionati top, prendiamo delle sonore bastonate.

Perché lì fare difesa e contropiede non basta. Lì trovi un Messi, un Ronaldo, un Van Persie, un Ibrahimovic che il modo di scardinare la tua difesa ad oltranza la trova sempre. Ed è proprio a quel punto che viene a galla la pochezza tattica del nostro calcio, perché siccome in Italia non serve saper fare altro, in Europa ci si trova a non sapere che fare quando le cose vanno in un modo diverso da quello a cui siamo abituati.

Qualcuno lo ha finalmente capito e, a costo di lacrime e sudore, sta provando a cambiare rotta. Il Napoli di Benitez, la Fiorentina di Montella, ultimamente il Milan di Seedorf, stanno tutte provando ad "europeizzare" il loro gioco e la loro mentalità. Stanno provando ad innoculare nel campionato italiano il virus del calcio giocato, dello spettacolo, di un tipo di football propositivo.

I risultati sono alterni, ma riteniamo che la strada sia giusta e che i tifosi dovrebbero avere la pazienza di aspettare il momento in cui tutto questo renderà.

Non sembrano invece averlo capito squadre come la Juventus, l'Inter, la Lazio o la stessa Roma, che si sono affidati ad allenatori che sono eccellenti nel gioco all'italiana (sì, anche quel Garcia che arriva dall'estero ma che evidentemente il calcio italiano lo ha studiato benissimo). Nel breve paga, ma nel lungo periodo non ne saremmo così sicuri.

3) Gli arbitri italiani fischiano cose che in Europa te le puoi sognare.

Poche storie: gli arbitri italiani tendono a fare i protagonisti. Rispetto ai loro omologhi europei fischiano molto di più, ammoniscono ed espellono molto di più e, soprattutto, spezzettano il gioco ad ogni minimo contatto.

Di contro, però, si fa finta di non vedere certe violenze e certe scorrettezze eclatanti (vedi ad esempio le innumerevoli trattenute in area sui calci da fermo).

Poi si va in Europa e ci si imbatte nell'esatto contrario: gli arbitri fischiano poco e solo se è necessario, puniscono duramente il gioco violento, non concedono "aiutini" di sorta e favoriscono più il gioco che le tattiche ostruzionistiche (vedi ad esempio le ammonizioni per i falli tattici a centrocampo, cosa ormai sconosciuta nel campionato italiano).

Per quanto sopra è parere di chi scrive che il calcio italiano, a partire dal suo Presidente fino all'ultimo dei tifosi, debba farsi un bell'esame di coscienza e provare a ricordarsi che il calcio dovrebbe essere uno spettacolo, non una ridicola caccia all'ultimo denaro. Solo così, forse, un giorno riusciremo a recuperare credibilità e posizioni nel calcio europeo. In caso contrario, il calcio italiano è destinato ad una lenta e lunga agonia.