Fino a poco tempo faparole come spesa pubblica, regolamentazione, nazionalizzazione, cioèinterventi che aumentano il ruolo dello Stato nell'economia facevano storcereil naso a chi voleva un'emancipazione nel campo economico. Tra le critiche al Welfare State c'era proprio quella diun appesantimento dell'economia e unaumento della burocrazia, che impediva una vera garanzia dei diritti che ilWelfare State dovrebbe proteggere (sanità, istruzione, sicurezza, ecc.), maadesso anche la deregulation è messa in discussione.

Il Welfare State, detto anche Statosociale nel contesto dellanostra modernità, èqualcosa di molto differente dalla sua prima concezione dovuta a Bismark inGermania e da Lloyd in GranBretagna.

Originariamente, come dice Bauman "era stato progettato perpromuovere gli interessi vitali della società di produttori/soldati eassicurarne un funzionamento senza problemi". Lo Stato doveva dare delleprove di forza dimostrando di avere il maggior numero di maschi attivi daimpiegare in fabbrica e all'occorrenza sul campo di battaglia. Per garantirsiciò, lo Stato era anche pronto a fare degli investimenti ritenuti convenientiper garantire adeguati livelli di nutrizione e di buona salute della sua forzaproduttiva.

Oggi i poveri, invece,non sono più considerati riserva per l'industria e per le forze armate, chemirano più ad avere eserciti piccoli e qualificati non avendo più bisogno, comedice Bauman, di "carne da cannone", ma vengono considerati un costopermanente.

I sussidi erogati dallo Stato hanno lo scopo non di garantire unavita dignitosa e un reinserimento nella società a queste persone, ma quello dimantenere il controllo della situazione ai fini di evitare disordini e protestesociali. come nel Panopticondi J. Bentham. Bauman descrive questo sistema come "unghetto senza mura, o un campo senza filo spinato (ma fitto di torrette diosservazione!)", che ha lo scopo di escludere e isolare ermeticamente lefasce più disagiate della società (i mediocri), dalla società normale.

Lo Stato sociale, nell'accezione più altadel termine, è un idea di comunità che si basa nell'affermazione dei diritti sociali e politici, che garantisconola fiducia reciproca tra gli individui, e la fiducia dell'individuo nelle istituzioni di cui anche esso è parteintegrante, garantendo la solidarità collettiva. Tali principi emergono, peresempio, nel programma svedese socialdemocratico del 2004: "Ognuno di noi,in un qualunque momento, è fragile.

Abbiamo bisogno gli uni degli altri.Viviamo la nostra vita qui e ora, insieme agli altri, e ci troviamo nel mezzodel cambiamento. Saremo tutti più ricchi se a ciascuno di noi sarà consentitopartecipare e se nessuno verrà escluso. Saremo tutti più forti se ci saràsicurezza per tutti e non solo per alcuni".

Ai giorni nostri, invecepurtroppo l'individuo è lasciato sempre più solo e deve lottare con gli altriper garantirsi il benessere. Ad esso si chiede di risolvere problemi creatidalla società, e di farlo individualmente utilizzando le sue disponibilità,sostituendo così a volte lo Stato nei sui compiti di sussidiarietà. Baumandenuncia anche i modelli opulenti della società dicendo che abbiamo creato conle autostrade dell'informazione unasocietà dell'effimero, che ci spinge a metterci a confronto continuo e incompetizione gli uni con gli altri, misurando il nostro tasso di notorietà e disuccesso, una società dove la parola d'ordine è apparire e dove gli stereotipitelevisi la fanno da padrone.