Molto è stato scritto in merito a Tsiprase alla speranza che il suo nome rappresenta di uscire dalle sabbiemobili di un Europa austeritaria e micragnosa. Personalmente sono convinto dell'idea di un Europa dei popoli e sebbene tutto ciò puzzi distoricismo, credo anche ad una visione progressiva che vede nelsuperamento degli stati nazione un passaggio necessario per unapolitica proiettata in uno scenario globale. Per questo motivo voglio credere nell'impresa di una lista che ha la velleità di mettere insieme qualla parte della società civile che lotta per un'Europa diversa.

Ma i dubbi sono sempre legittimi.

Va bene un pianoMarshall per l'Europa, e passi anche per il New Deal Roosveltiano, così come è propugnatoda Alexys Tsipras, leader di Syriza in Grecia e dai suoi sostenitori italiani (vedil'intervista sul Fatto aBarbara Spinelli), malgrado i richiami ad una tradizione anglosassone che narra più disottomissione ad un potere imperiale che di lotta dei popoli.Mettiamo sul piatto anche l'idea che un ritorno all'Euro sarebbeimpossibile perché renderebbe i paesi periferici, a detta dieconomisti avveduti, una zattera di giunchi nel mare in tempesta dei mercati, dando ragione a una posizione di un europeismo critico, come quella del nostro. Ma quello che proprio non mi convince è l'idea che il parametro diriferimento di ogni politica sia ildebito.

Barbara Spinelli e i promotori della lista per Tsipras ragionano in quest'ottica, ciò è indubbio. Il debito va onorato, ma non solo, il debito è il criterio principe che deve informare la politica degli stati.  Va solo ridiscusso e rinegoziato. Da parte mia ho molti dubbi.

Distinguerei due tipi di debito: il debito fra stati e il debito pubblico di uno stato.

Per quanto riguarda il debito fra stati c'è da dire che che non si tiene in minima considerazione che tale debito è spesso è la traduzione di un debito privato in debito pubblico (leggi banche). Riguardo al secondo, stando a quello acui stiamo assistendo negli ultimi decenni,  la suademonizzazione nell'ottica di una politca di bilancio è stata il cavallo di troia di ogni politicarestrittiva e austeritaria e il risultato è stato sempre lo stesso:tagli al welfae.  Il debito è un algoritmo mentale pericoloso che portainevitabilmente a conclusioni strabiche secondo il quale 700 miliardidi spesa per il settore pubblico sono troppi e vanno ridotti.

Ergo,tagli agli sprechi (cosa è spreco?), ma soprattutto tagli alla sanità,alla scuola, alle università e agli stipendi. Questo è quello cheaffermano fuori dai denti i fautori dell'austerità.

Piaccia o nonpiaccia le economie a deficit spending sonole meno avare sul piano degli investimenti pubblici e della garanzia del reddito, e i loro parametri sono sempre i migliori (vedi Stati Uniti e Giappone e gli stessi governi italiani prime dell'avvento dell'euro), il solo problema è l'allocazione delle risorse.Barbara Spinelli, deve spiegarci come faremo a finanziare un redditodi cittadinanza, laricerca, l'innovazione tecnologica, servizi più efficienti ecc, senon accettiamo di sforare il debito e di poterlo fare in maniera sistematica.

La tasse non sono da sole sufficienti adare impulso ad un'economia, occorrono investimenti, e debito, debitodi stato ovviamente, strutturale.

Ho purtroppo l'impressione cheBarbara Spinelli e compagnia siano ostaggio dell'obbligo morale deldebito, senza curarsi del fatto che il debito di cui parlano è unsimulacro virtuale, un numero dettato da calcoli contabili e dainteressi da strozzino e non il frutto di una transazione onesta.

Quelloche occorre fare è trasformare il debito  nella “gallina dalle uovad'oro” per i cittadini.

Avanticon la lista Tsipras allelezioni Europee, ma idubbi rimangono.