Questo è ilpensiero di Leonardo Sciascia, nel romanzo Il giorno della civetta, pubblicato nel 1961 dalla casaeditrice Einaudi, espresso nelle parole di don Mariano (padrino siciliano diturno, mandante dell'omicidio di un impresario edile che ostacolava interessimafiosi):

"Io ho unacerta pratica del mondo: e quella che diciamo l'umanità e ci riempiamo la boccaa dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gliuomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gliuomini, i mezz'uomini pochi, chè micontenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini… E invece no, scende ancorapiù in giù: agli ominicchi che sono come i bambini che si credono grandi,scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi… E ancora di più: i pigliainculoche vanno diventando un esercito.

E infine i quaquaraquà che dovrebbero vivere come le anatre nellepozzanghere, chè la loro vita non ha più senso e più espressione di quelladelle anatre…".

Esaminandola nostra contemporaneità si può notare come gli uomini (nel senso etimologicodel termine) siano diventati merce rara, mentre in leggera crescita troviamo imezz'uomini e gli ominicchi. L'incremento più marcato interessa la categoriadi quelli che Sciascia chiama volgarmente i "pigliainculo" che, in carenza di "uomini", sono in balìa dei mezz'uomini edegli ominicchi.

Ma piùpericolosa e dilagante è la schiera dei quaquaraquà: crescono a dismisura,starnazzano come le anatre nelle loro pozzanghere delle quali ripetonoall'infinito il verso.

Forse un positivo equilibrio tra le diverse categorie cigarantirebbe quella tanto discussa stabilità; così va il mondo e in attesa diuna rinascita degli uomini potremmo per lo meno evitare le anatre e il lorocontinuo quaquaraquà.