Alcune settimane fa, hanno fatto vedere in tv un negozio dove si praticava il baratto di indumenti usati: ho subito pensato al dopoguerra quando regnava la miseria più nera e c'era la necessità di scambiare perlopiù generi di primo consumo. Durante l'inverno poi, era il momento cruciale. Se faceva molta neve, qualche famiglia rimaneva senza e doveva rivolgersi presso amici: mezzo quintale di legna in cambio di dieci chili di farina con la crusca.

Ma la maggior parte delle cose barattate, erano quelle del mangiare. Si scambiava qualche uovo per un po' di strutto o un pezzetto di lardo, oppure qualche salciccia per un pugno di farina o un bicchiere di olio per una criocetta di pane.

Ogni quindici giorni, veniva in paese un signore dalla pianura con un "sidecar" carico di roba da mangiare non sempre fresca a dire il vero, tra cui, olio d'oliva, pezzi di mortadella di somaro, zucchero, caffè, e tanti altri generi e pure alcuni dolciumi come caramelle e cioccolato con le nocciole. Piazzava la merce su di un banchetto e incominciava la fila delle donne che prelevavano da casa qualcosa da barattare. Certamente era il commerciante a guadagnare, ma di certe cose non si poteva fare a meno.

Noi bambini, non avendo soldi da spendere, ci recavamo presso un pollaio per prendere qualche uovo, che poi portavamo al commerciante in cambio di un pezzetto di cioccolata o un pezzetto di mortadella che, nonostante fosse scura con la carne di somaro, a noi piaceva tanto.

Chi non aveva roba da barattare, doveva pagare la merce comprata. Verso le cinque pomeridiane, il commerciante incominciava a raccogliere la merce dal banchetto e la metteva in dei cassetti di legno o in involucri di carta gialla o in quella oleata se si trattava di merce oleosa. Terminato di caricare, faceva uno spuntino e si scolava una bottiglietta di vino che aveva portato fa casa e poi partiva per far ritorno al suo paese contento di aver fatto affari d'oro.