La chiusura dei tre giorni di Politicamp di Reggio Emilia è stata sancita dalla candidatura ufficiale di Pippo Civati alla guida del PD.

Candidatura già annunciata nel blog, in alcune interviste, ma che oggi assume un risalto nazionale e viene rilanciata da agenzie e giornali, trovando quel riconoscimento mediatico che ancora mancava e che lancia la campagna per la direzione del PD.

Camicia bianca e jeans su sfondo rosso, il discorso di chiusura della tre giorni dal titolo significativo "W la libertà" si apre con una battuta rivolta a chi si chiede chi ci sia dietro Civati: "io vedo un sacco di gente davanti, ne vedo molta".

Ma lo spazio alle facezie è limitato e ben dosato.

"Noi la farem vendetta", prosegue Civati, una vendetta democratica che renda giustizia a Pompei, a Taranto inquinata, a Rodotà ed a Prodi, alla vicenda degli F35, alle "timidezze di queste anni che sono la premessa del governo delle larghe e delle lunghe intese, lunghe poiché che vengono da lontano".

Per ricostruire il centrosinistra, "compito storico" ed "appassionante",  occorre una mobilitazione che coinvolga il popolo delle primarie, le donne di "se non ora quando", i comitati per l'acqua pubblica, per l'abolizione del Porcellum, e tutti coloro che hanno fatto politica fuori dalle stanze.



Il discorso rappresenta una sintesi, la vera sintesi della tre giorni di Reggio, in cui le opinioni, le idee ed i confronti hanno raggiunto un grado di consapevolezza collettiva che permette ad ognuno dei presenti di ritrovare una parte del proprio pensiero nelle parole di Civati, quando fa riferimento al sostegno universale al reddito, al ruolo della formazione professionale, al conflitto di interessi (variabile "economica oltre che morale"), all'ambiente ed alla conoscenza, imprescindibili argomenti quando si parla di lavoro.





La scelta delle parole è estremamente curata, diventa la cifra essenziale per leggere il mondo e gli obiettivi del programma di Civati: "accompagnare le persone sul percorso dei diritti" significa chiamare "matrimoni" le unioni, di qualunque tipo siano; "superare le disuguaglianze devastanti che ci sono in questo Paese" non è una prova di equità ma è la ricerca dell'uguaglianza, come sancito dalla Costituzione.





La forza espressiva di Civati è questa, l'uso della parola come strumento per capire, spiegare ed agire sul mondo, che crea complicità con il proprio sostenitore, una complicità fatta di argomenti, di pensiero, una vicinanza di sentire che passa attraverso i filtri della ragione e non della goliardia, come spesso in questi anni è accaduto.

Si ha la sensazione che le parole si siano riappropriate del loro ruolo, che definiscano in maniera schietta il campo d'azione, e che possano essere accolte o contestate nel merito attraverso un linguaggio comune e condiviso.

Linguaggio che parla al plurale, che attinge alle idee del singolo per costruire un'investitura collettiva, come si legge sulla retrocopertina del libro "Non mi adeguo" fresco di stampa: "Credo che ci sarà più di una sorpresa nei prossimi tempi. E la sorpresa, non dimentichiamo, saremo noi".