Crescita,crescita, crescita...ce lo sentiamo ripetere tutti i giorni, sembra essere unanecessità, l'unico antidoto contro lo stato di crisi. Eppure c'è chi da un po'di tempo, ritiene che la crescita non sia un valore in sè, partendo dall' assuntorazionale che non ci può essere crescitainfinita in un mondo di risorsescarse ed esauribili.

Dal 2007, Maurizio Pallante, insegnante ericercatore, ha costituito in Italia un'associazione federale (composta dacircoli territoriali sparsi sul territorio), denominata "Movimento per la Decrescita Felice", che per mezzo di una casaeditrice e dell'"Università del Saper Fare" (dedita all'organizzazione di corsipratici), si impegna a divulgare la teoria socio-economica della decrescita.

Paradossalmentestiamo già decrescendo, ma infelicemente, a suon di disoccupazione e taglisociali; quale differenza c'è allora tra la decrescita attuale e quellapredicata da Latouche e i suoi discepoli? Lo abbiamo chiesto a Paolo Mogno, presidente del circolo di Venezia. Paolo nella vita di tutti igiorni è un commerciante e nel 2012, assieme agli attuali componenti del direttivo,ha costituito il circolo: "La decrescitadifferisce dall'attuale recessione per il fatto che la diminuzione dei consumiè consapevole e mirata verso le merci che non sono beni; noi crediamo infatti chela produzione (e quindi i consumi) di tutti quei prodotti che abbiano una obsolescenzapercepita (soggetta alla moda) o programmata (beni che sono progettati con untermine di "vita" volutamente breve al fine di mantenere elevato il tasso disostituzione) sia da eliminare poichè non soddisfa bisogni reali delle persone ela loro produzione spreca risorse oltre che inquinare, generando rifiuti".

La bontàdelle politiche economiche attuali viene misurata dalla crescita del PIL (prodotto interno lordo), il quale èun riferimento totalmente inaffidabile,in quanto, paradossalmente, il suo aumento è influenzato anche da eventi dannosi per l'uomo e l'Ambiente,quali ad esempio l'aumento del consumo dei medicinali (effetto dell'aumentodelle patologie) o l'aumento dei consumi di carburante per le codeautomobilistiche (causa di stress e di maggior inquinamento dell'aria).

E' beneallora, per l'uomo e l'ambiente, che determinati consumi crescano?

Potremmoanche essere d'accordo sul fatto che la crescita di certi consumi sia un male,ma come potremmo stare meglio decrescendo? In fin dei conti, la diminuzionedella ricchezza complessiva non comporterebbe un impoverimento per ognuno di noi?"La decrescita", risponde Paolo Mogno, "dovrà essere accompagnata da una riduzione degli orari di lavoro perconsentire ad ognuno, dopo adeguata formazione, di poter autoprodurre una buonaparte dei prodotti che attualmente acquistiamo; l'autoproduzione non viene contemplata nel PIL, poichè noncomportando lo scambio di beni e/o servizi, non viene in alcun modo misurata".Insomma meno lavoro, meno guadagni ma altresì minori costi da sostenere permezzo dell'autoproduzione e della coltivazione di maggiori rapporti sociali (favorendocosì lo scambio di merci e servizi gratuitamente).

Ma cosa fain concreto il movimento? "Il mio circolo, prosegue Paolo, organizza incontri mensili aperti al pubblico in cui presentarealtà affini al movimento; inoltre stà supportando il progetto per l'acquistodi un terreno al fine di realizzare un ortocomune."

Insommadecrescere può sembrare un'utopia oggi, ma potrebbe divenireun'esigenza domani.