"Ci troviamo di fronte ad un altro anno in cui lacrescita media globale sarà prossima al 3% ma con una ripresa a più velocità: un gruppo, quello delle economie avanzate,presenterà un tasso annuale dell'1%, inferiore al trend, e un altro gruppo,quello dei mercati emergenti, con un tasso vicino al 5%". Queste le paroleriassuntive del Professor Roudini circa la situazione dell'economia mondiale. Unacrescita che verrà frenata ancora da problematiche locali, smentendo di fattoil 2013 come l’anno della rivalsa economica.

Crescita lenta e austerità fiscale saranno ancora ilfardello che contraddistingueranno quest’anno, e riguarderà non solo l’Europama anche gli Stati Uniti, che dovranno necessariamente introdurre misurefiscali deflazionistiche.

"L'austerità si sta espandendo anche al cuoredell'Eurozona così come negli Stati Uniti ed in altre economie avanzate (conl'eccezione del Giappone)" specifica Roubini. Il grande rischio economicorisiede nella politica monetaria non convenzionale delle Banche Centrali: laBce, la Fed, la Bank of England e la Swiss National Bank si sono tutte spintein forme disparate di “quantitative easing”. Ad aggiungersi a questerecentemente, anche la Bank of Japan.

Sostanzialmente i grandi rischi sono quattro. Il primoriguarda gli Stati Uniti e ilmini-deal sulle tasse e il tetto del debito, il ritardo nelle politiche diaggiustamento automatico della spesa e il mancato accordo sulla spesa stataleche permette, sostanzialmente, alle istituzioni di funzionare.

I mercati USA,di riflesso potrebbero risentire di ciò, manifestando un aumento dellapressione fiscale (circa 1,4% del Pil), arrestando la crescita.

Il secondo rischio riguarda l’Europa: mentre le azioni della Bce hanno ridotto i rischinell’Eurozona - l’uscita della Grecia o la perdita dell’accesso al mercato perItalia e Spagna - i problemifondamentali dell’unione monetaria non sono stati risolti.

Incertezzapolitica, stagnazione economica e una vera e propria recessione di alcuni Paesi(esasperati dalla pressione fiscale e dalla stretta creditizia), sitramuteranno in una palese bassa crescita produttiva, che potrebbe essere elusasolo con riforme strutturali più aggressive, aventi come obiettivo lacompetitività.

Da non esonerare anche la Cina: il suo modello di crescitadisequilibrato e insostenibile (basato su eccessi nell’export e investimentifissi, alti tassi di risparmio e bassi consumi), avrà ancora bisogno di stimolifiscali e sostegno monetario.

Sarà difficile aumentare il reddito medio dellepopolazione e, così, il consumo non crescerà abbastanza velocemente percompensare i livelli di risparmio. Si assisterà a cali negli investimenti di immobili,nelle infrastrutture e nella capacità industriale.

Infine, il quarto rischio riguarda il Medio Oriente,caratterizzato da instabilità sociale, economica e politica. Dalla PrimaveraAraba ancora irrisolta, al conflitto tra Israele e Stati Uniti, all’Iran e ilprogramma nucleare, il territorio si presenta pieno d’incognite. Le conseguenzesono l’aumento della paura, che si ripercuoterebbe in aumenti del petrolio(anche del 20%) che, con effetto a catena, si ripercuoterebbe negativamente sututte le economie importatrici.