Sembra ieri, eppure sono passati due anni e mezzo, quando Sergio Marchionne tuonava all’indirizzo di quelli che parevano non volerlo sentire, sostenendo come in Italia si poteva continuare a fare industria e che per quest’unica ragione avrebbe messo sul piatto qualcosa come 20 miliardi di euro per rilanciare gli stabilimenti Fiat italiani, soprattutto se le organizzazioni sindacali gli avessero dato una mano a sopportare il fardello rappresentato da un costo del lavoro altissimo per l’ impresa e per i lavoratori, insieme a turni più flessibili nell’interesse generale.

Ma il 2010, anno di quei proclami, sembra lontano anni luce.

Sergio Marchionne oggi, di fronte ai numeri rappresentati dalle vendite delle proprie auto, sconsolatamente dice basta, in Italia non ci resto più e vado via! E come dargli torto, dal suo punto di vista, di fronte al volume delle vendite delle auto Fiat che quest’anno ha toccato picchi in discesa paragonabili al lontano 1979. Risultato, quella sigla che per oltre un secolo ha rappresentato il vanto della nostra nazione,F.I.A.T,  Fabbrica Italiana Automobili Torino, di italiano e soprattutto di Torino avrà sempre meno da quando l’AD di Fiat avrebbe insistentemente annunciato che il Lingotto potrebbe quanto prima abbandonare l’Italia diretta sempre più oltreoceano.

Nulla di nuovo rispetto a quando Marchionne sostenne che per ogni macchina costruita in Italia la Fiat ci rimetteva mille euro, ma per lo meno allora, sia pure di fronte a tale tesi come minimo discutibile, sembrava ancora possibile un futuro della Casa automobilistica in Italia, sia pure a condizioni che non tutti ritenevano ortodosse, non foss’altro perché si faceva leva sullo spirito nazionalistico di Marchionne, ma adesso neanche il “cuore” del potente manager è rimasto qui, anche quel “muscolo” pare essere approdato in America, insieme agli stabilimenti piazzati nella terra di Obama.

Marchionne ad agosto è stato chiarissimo

Per quelli che ancora credono possibile un ripensamento di Marchionne, servirà ricordare le parole dello stesso manager in occasione dell’incontro con le Organizzazioni Sindacali che si è tenuto a Torino ad agosto scorso, dove Fiat ha ribadito "la delicatezza di questo periodo, di cui è impossibile prevedere l’evoluzione e che impone a tutti la massima cautela nella programmazione degli investimenti…..

” Immancabili le reazioni da parte dei segretari dei maggiori sindacati italiani, nel totale silenzio della politica, posto che esista ancora nel nostro Paese, a cui importa evidentemente poco che la più grande Fabbrica italiana, quasi unica rimasta, potrebbe emigrare al pari di quanto stiano facendo gli stessi italiani in cerca di un futuro. Alla stessa classe politica bisognerebbe rimproverare tanto di fronte al fatto di essere giunti a questo folle risultato, ma forse adesso serve persino poco ogni sorta di rimbrotto o di critica verso l’attuale e le passate classi dirigenti del Paese, perché nella testa di ogni italiano dovrebbe frullare un interrogativo a cui in pochi hanno dato risposta, posto che l’interrogativo fosse mai loro pervenuto.

Ovvero….. possibile che un costruttore di auto possa essere rimasto del tutto indifferente e zitto di fronte all’aumento stellare del costo dei carburanti  come mai era accaduto in Italia e con tutto ciò che tale situazione ha comportato anche sul mercato dell’auto? Possibile? Si, è ammissibile tutto ciò eccome, quando si decide di abbandonare il terreno di gioco e si decide di andare a giocare altrove la propria partita, in questo caso si può rimanere in silenzio e indifferenti, proprio come ha fatto Marchionne!