Il tema della rivalutazione è un argomento poco conosciuto ed ancora meno dibattuto, per introdurlo in maniera semplice possiamo dire che è  un aumento dell'importo della pensione, legato al costo della vita.

Lo Stato in pratica riconosce che per sopravvivere dignitosamente si ha bisogno di  un certa somma all'anno, e con l'aumento dei costi bisogna che questo si rivaluti seguendo i costi, quindi viene aumentata la pensione. Questo ragionamento era una certezza fino al 1992, anno della prima grande crisi economica, che ha portato il nostro paese alla prima riforma delle Pensioni.

E' stato introdotto con la riforma Fornero un cambio strutturale al sistema pensionistico e questo non escludeva il metodo di rivalutazione. Introducendo un principio detto di perequazione, si è stabilito che lo Stato concede al pensionato sempre un'adeguamento al costo della vita, ma stabilisce una rivalutazione a fasce proprio per rispettare una distribuzione più equa, da cui perequazione.

In sostanza la Fornero ha stabilito che fino ad un importo pari a 3 volte il minimo (1500€/mese circa) si rivaluta per intero la pensione 100%. Per coloro che arrivavano a 5 volte il minimo, l'importo della pensione era rivalutato al 90% e poi all'aumentare dell'assegno pensionistico diminuiva la rivalutazione, quindi si parlava della perequazione orizzontale.

Il governo Letta nella legge di stabilità 2013 ha invertito la direzione della perequazione, stabilendo che il sistema doveva essere applicato a tutti indistintamente ma andava scaglionato, cioè tutte le pensioni fino a 1500 €/mese si rivalutavano al 100% , poi chi aveva un assegno maggiore aveva una rivalutazione della parte eccedente maggiore passando dal 90% al 80% etc., si è introdotto quindi un sistema di perequazione verticale.

Che cosa è cambiato?

In un recente convegno promosso dalla CGIL a Bologna, il sindacato ha esposto uno studio sugli effetti dei due sistemi messi a confronto. E' chiaro che con l'adozione della perequazione verticale si è ottenuto un risparmio, ma chi ne ha pagato il prezzo più alto? Fermo restando che le pensioni basse non hanno neanche notato la differenza, lo studio si è concentrato sugli assegni che superano 3 volte il minimo, ed il risultato che è emerso ha stabilito che a pagare il contributo più alto in rapporto ai propri assegni sono i pensionati di classe media dai 1500€/mese ai 2500€/mese. Un ennesimo furto alle pensioni medie, usate come bancomat ancora una volta.