L'effetto peggiore della riforma Fornero è stato, senza dubbio, il brusco aumento dell'età obbligatoria per accedere alla pensione. Sono molti a chiedere una rettifica di tale ingiustizia che ha bloccato sul posto migliaia di lavoratori prossimi - all'epoca - alla pensione.

Vediamo insieme quali sono le proposte che da allora sono state avanzate per portare un po' di gradualità ai requisiti per uscire dal lavoro cosi come i rispettivi pro e contro sia per il governo sia per i lavoratori.

La più recente proposta in ordine temporale è stata quella avanzata dal ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia.

Lei l'ha chiamata staffetta generazionale ma si tratta a tutti gli effetti di una sorta di prepensionamento riservato ai dipendenti delle P.A. in esubero e volto al ricambio (e ringiovanimento) generazionale della forza lavoro. Il problema, tranne la solita mancanza di fondi per le coperture finanziare e la disparità che verrà a crearsi tra settore pubblico e privato cosi come una minaccia ai conti dell'Inps.

La più famosa, e forse quella più richiesta da sindacati e lavoratori, è la flessibilità in uscita proposta da Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro e attuale presidente della Commissione Lavoro. Secondo Damiano il suo provvedimento permetterebbe al lavoratore di lasciare il posto del lavoro prima (a 62 anni) accettando pero una decurtazione dell'assegno pensionistico che oscillerà secondo l'età che si accede alla pensione da un -8% a un +8%.

Si discute in pratica su un sistema bonus-malus che da un lato penalizza chi lascia prima (ma offre l'opzione) e dall'altro premia chi resta. Purtroppo sia la Ragioneria dello Stato sia l'Inps non possono sapere quanti saranno quelli che ne approfitteranno e dunque non possono garantire le coperture. Forse la proposta più equa ma anche quella difficile da attuare.

Infine ci sarebbe la proposta dell'ex ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, e il suo prestito pensionistico. Al lavoratore verrebbe data la possibilità di lasciare prima - dai 2 a 3 anni - il lavoro e verrebbe pagata una frazione dello stipendio -70-80% - fino a un limite mensile che dovrebbe aggirarsi sugli 800 euro. Una volta che raggiunti i requisiti per ottenere la pensione, tale prestito sarebbe restituito con una decurtazione del 10-15% dall'assegno previdenziale.

E' sicuramente la proposta più fattibile poiché a costo zero; infatti, le coperture andrebbero a dividersi a carico di Inps, datore di lavoro e lavoratore stesso, ma pecca di essere una proposta del governo Letta, che Renzi difficilmente appoggerà, e lo stesso vale per i sindacati e gli stessi lavoratori che non vorrebbero pagare di tasca propria dopo quasi 40 anni di lavoro.