Non si placano le polemiche in merito al Jobs Act di Renzi e al decreto lavoro stilato dal Ministro Poletti, che sta ricevendo numerose critiche da parte dello stesso Pd e di altre formazioni politiche per via della configurazione con la quale sono stati definiti, nello stesso decreto, contratti a termine e apprendistato.



Mentre Poletti getta acqua sul fuoco sottolineando di essere ‘tranquillo’ e dicendosi sicuro del fatto che ‘il Jobs Act si possa migliorare’, cerchiamo di capire quali siano i punti critici mettendo a confronto il decreto che fu della Fornero (ufficialmente decaduto) e quello allestito dallo stesso Poletti.



Jobs Act Renzi, contratti a termine e apprendistato nodi del contendere: confrontiamo i decreti Poletti e Fornero



Come accennato, sono giorni caldissimi per la modifica al Jobs Act di Renzi con particolare riferimento al dl lavoro stilato da Poletti; la strutturazione scelta per regolamentare contratti a termine e apprendistato non è stata per nulla digerita da numerosi partiti, Pd in primis, ecco che un parallelo col decreto precedentemente in vigore, quello della Fornero, può aiutare a chiarire i punti nevralgici.



Per quanto riguarda i contratti a termine, il decreto Fornero fissava a 12 mesi la durata massima consentita senza indicare la causale, laddove invece il provvedimento Poletti - che andrà a confluire nel Jobs Act di Renzi - stabilisce un termine ben più ampio, 36 mesi.



Altro delicatissimo passaggio è il numero massimo di proroghe del contratto a termine all’interno dei 36 mesi, una al massimo con indicazione della causale nel decreto Fornero e otto al massimo senza causale in quello Poletti; quello del numero di proroghe consentito costituisce uno dei punti più critici dell’intero del dl lavoro con riferimento al contratto a termine, dato che in molti la ritengono una cifra eccessiva.



La pausa tra un contratto a termine e l’altro era fissata in 10 o 20 giorni a seconda della durata del contratto nel decreto Fornero, mentre non è prevista alcuna pausa in quello Poletti; per quel che concerne infine il limite all’utilizzo dei contratti a termine in ogni luogo di lavoro, il decreto Fornero demandava la cosa ai contratti collettivi, mentre quello Poletti specifica che in assenza di statuizioni all’interno dello stesso contratto collettivo il limite viene fissato al 20% dell’organico.



Con riferimento all’apprendistato, il decreto Poletti non prevede invece alcuna condizione di assunzione, laddove quello Fornero parlava di ‘un’assunzione condizionata alla conferma in servizio di almeno il 30% degli apprendisti dipendenti al termine della formazione’.



A completamento del quadro sull’apprendistato, il decreto Fornero imponeva la forma scritta e l’obbligo di formazione teorica, mentre quello targato Poletti/Jobs Act Renzi non prevede alcun obbligo di forma scritta per quel che concerne il piano formativo.

Jobs Act Renzi, contratti a termine e apprendistato non convincono: piovono le critiche



Buona parte del Pd non si è detta d’accordo riguardo al dl lavoro stilato da Poletti - che come già accennato andrà a confluire nel Jobs Act di Renzi -, con la configurazione di contratti a termine e apprendistato a non convincere del tutto. Lo stesso presidente della Commissione Lavoro Cesare Damiano ha sottolineato - come riportato anche da Repubblica - che ‘il decreto non va stravolto ma certamente migliorato, come del resto evidenzia lo stesso Renzi’.



Già a partire da domani la Commissione Lavoro avvierà tavoli di discussione con tutti i soggetti sociali, COBAS, Confindustria e rappresentanti delle piccole imprese in primis, il tutto nella speranza che si possa trovare un’intesa fattiva e condivisa sul dl lavoro targato Poletti.



Di certo la strada è in salita, con la via che porta alla ratifica effettiva del Jobs Act di Renzi tutta da percorrere.