Uno dei meccanismi che riguarda il sistema delle Pensioni meno tenuto sotto controllo è quello che riguarda la connessione tra l'insieme dei contributi versati e la crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL). Uno studio recente, pubblicato sul Corriere della Sera, spiega come la rendita dei contributi versati in vista delle pensioni sia inferiore all'inflazione, per cui si va incontro a una perdita notevole del potere d'acquisto. Ecco nello specifico cosa dice lo studio e cosa si deve temere per la tenuta dei contributi e della futura pensione.

Pensioni 2014, news: brutte notizie, la crisi economica produrrà scompensi, un esempio

Per cercare di comprendere questo meccanismo particolarmente complesso, è necessario fare un esempio.

Un lavoratore dipendente che andrà in pensione tra più di trent'anni a 67 anni e 1 mese avrà questo rapporto tra la pensione e l'ultima retribuzione: 1) qualora il PIL cresca del 2% in termini reali, il rapporto sarà del 71%; 2) qualora invece il PIL non cresca, il rapporto sarà del 49%. Bastano i dati e il differenziale del 22% per comprendere come la crescita economica impatti anche sul comparto previdenziale.

Pensioni 2014, news: brutte notizie, la crisi economica e lo stato del PIL

La questione del differenziale tra pensione che si percepirà e ultima retribuzione diviene ancora più pesante se analizziamo i dati che l'Istat ha pubblicato sul PIL del 2013. L'Istat infatti ha chiarito come, anche se c'è stato un +0,1% nell'ultimo trimestre del 2013 (rispetto comunque al trimestre precedente), l'anno si è chiuso con un -1,9%.

Ciò che bisogna sottolineare è che dal 2000 ad oggi sono stati quattro gli anni in cui si può parlare tecnicamente di recessione per l'Italia: il 2008 e il 2009, poi il 2012 e il 2013.

Pensioni 2014, news: brutte notizie, come funziona il sistema previdenziale

Secondo lo studio pubblicato sul Corriere della Sera, in un sistema pensionistico di tipo contributivo sono tre le variabili fondamentali che incidono su quella che sarà il percepito della pensione: 1) la speranza di vita; 2) la dinamica della carriera; 3) la crescita del PIL.

Una riforma che risale al 1995 e targata Lamberto Dini prevede che il cosiddetto "montante retributivo", che di fatto rappresenta l'insieme dei contributi versati da trasformare poi nella pensione, venga rivalutato a partire dalla media che il PIL ha avuto negli cinque anni precedenti. In poche parole, la misura era stata pensata proprio per scongiurare che un solo anno di crescita zero potesse colpire le pensioni.

La questione italiana però è particolarmente grave, dato che la media del 2010, ad esempio, calcolata sul quinquennio precedente è inferiore all'inflazione.

Pensioni 2014, news: brutte notizie, le simulazioni di Progetica

Secondo quanto riportato dalla Progetica, una nota società di consulenza finanziaria, le proiezioni per il futuro non fanno ben sperare. Senza scendere nei particolari di calcoli molto complessi, il risultato più importante è che le conseguenze negative sul rapporto tra pensione e ultima retribuzione saranno più gravi quanto più l'età del contribuente diminuisce e la pensione si allontana.

Insomma, il meccanismo delle pensioni è strettamente connesso all'andamento economico generale del paese.

Dopo la riforma delle pensioni Fornero, non resta che sperare perlomeno in un futuro di crescita. Soltanto che la parola "sperare" non è quella adeguata, per dare una svolta è necessario un reale e più decisivo decisionismo politico.