La pensione anticipata è uno degli argomenti più caldi e più urgenti da affrontare per il governo di Matteo Renzi. Negli ultimi giorni molte polemiche sono state sollevate riguardo ad una possibile modifica della riforma delle Pensioni Fornero del 2011, accusata da più parti di aver introdotto penalizzazioni ingiuste per diverse categorie di lavoratori.

Al centro del dibattito in particolare coloro che hanno usufruito di permessi secondo la legge 104, mentre la Cgil chiede a gran voce una revisione del sistema per cancellare le penalizzazioni.

Sullo sfondo rimane in sospeso l'ipotesi del prestito pensionistico formulata dall'ex ministro del lavoro Giovannini, insieme alla proposta di Damiano sulla flessibilità. Vediamo singolarmente questi temi.

Pensione anticipata e permessi legge 104: la legge sbagliata

Con la legge di stabilità 2014, il governo Letta era intervenuto alla fine dell'anno scorso per correggere la riforma Fornero rispetto ai permessi fruiti secondo la legge 104/92. Ma la nuova norma redatta dall'esecutivo contiene un errore in grado di compromettere il suo stesso obiettivo.

Il testo della legge, infatti, stabilisce la validità ai fini contributivi anche dei "congedi e permessi concessi ai sensi dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n.

104". L'errore risiede nel fatto che i congedi per l'assistenza ai disabili non sono previsti dall'art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, bensì dall'art. 42 del decreto legislativo 151/2001.

Un problema non di poco conto, che rischia di far sfumare il diritto alla pensione di moltissimi lavoratori. Che ora chiedono al governo Renzi una pronta risoluzione della questione.

Pensione anticipata, l'allarme Cgil: cancellare penalizzazioni

In tema di diritto alla pensione anticipata è intervenuta negli scorsi giorni anche Vera Lamonica, segretario confederale della Cgil, scagliandosi proprio contro le varie e differenti penalizzazioni che rappresentano "il portato delle previsioni assurde della legge Fornero e anche delle successive interpretazioni date dall'Inps e soprattutto dall'ex Inpdap".

La riforma delle pensioni approvata nel 2011 sotto il governo Monti, infatti, "prevede il mancato calcolo nell'anzianità contributiva utile per non incorrere nelle penalizzazioni previste per chi va in pensione anticipata prima dei 62 anni, di una serie di periodi quali ad esempio la cassa integrazione straordinaria, la disoccupazione, la mobilità o la partecipazione agli scioperi. Successivamente un parzialissimo intervento del Parlamento ha corretto ma non risolto il problema".

Il sindacato chiede quindi "all'Inps e al Ministero del lavoro di impedire un ulteriore pesante effetto sulla vita delle persone, correggendo innanzitutto interpretazioni che appesantiscono norme inique che vanno comunque cancellate".

Prepensionamento, le ipotesi Giovannini e Damiano

Il nuovo ministro del lavoro Giuliano Poletti ha affermato di voler proseguire il lavoro già iniziato dai predecessori. Possibile, quindi, che venga presto ripresa in mano l'ipotesi di pensionamento anticipato con prestito Inps, formulata da Enrico Giovannini. Ne ricordiamo gli estremi: si tratterebbe di uno strumento, su base volontaria, mediante il quale il lavoratore prossimo al raggiungimento dei requisiti pensionistici potrebbe scegliere di ritirarsi dall'attività ricevendo un assegno pari ad una percentuale del proprio stipendio, erogata in parte dall'Inps, in parte dall'azienda di appartenenza.

E poi? Una volta raggiunti i requisiti, egli comincerebbe a ricevere la pensione, con una decurtazione mensile (pari, si ipotizza, al 10-15%) per restituire le somme incassate in precedenza.

Rimane in sospeso anche la proposta di riforma delle pensioni formulata da Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera. L'idea baseè quella della flessibilità in uscita: prevederebbe la possibilità per il lavoratore di scegliere di ritirarsi anticipatamente, in cambio di una penalizzazione economica sull'importo dell'assegno, o di posticipare il ritiro dall'attività, usufruendo di un incentivo.

La libertà di scelta sarebbe fissata tra i 62 e i 70 anni, con variazioni sull'assegno da -8% (per chi lascia il lavoro a 62 anni) a +8% (per chi decide di continuare a lavorare fino ai 70).