Nel momento in cui vedrete il vostro datore di lavoro intenzionato a farvi passare dal contratto attuale alla partita Iva saprete già di essere destinati a perdere ogni sorta di tutela e, ancora, una buona parte del vostro stipendio. Nel momento in cui ricorreranno alcune di queste condizioni potrete essere certi di essere vittime di una finta partita Iva, praticamente, un lavoratore che svolge un lavoro dipendente camuffato da lavoro autonomo.

Partita IVA, il curioso procedimento che dev'essere conosciuto

1) Fino ai 35 anni potrete fruire dell'ottimo regime fiscale dei minimi, che permette di sfruttare una tassazione pari al 33% dello stipendio.

La divisione è la seguente: 5% di Irpef e 28% di Inps. Questo ragionamento è ottimo per la "gestione separata", ovvero per quei lavoratori generici che non hanno casse previdenziali di settore (i giornalisti, gli avvocati e anche i commercianti) a patto che i ricavi non superino i 30.000 euro l'anno. Una volta trascorsi i 35 anni e i 30.000 euro di reddito (ora 65.000) l'Irpef salirà dal 5% al 23% producendo una pressione fiscale complessiva del 51%.

2) La pressione fiscale: bisogna associare gli acconti relativi alle tasse dell'anno successivo. Per farla breve, se ad agosto 2014 pagate le tasse relative alla dichiarazione dei redditi del 2013, congiunte, dovrete saldare le tasse concernenti le dichiarazione dei redditi dell'anno successivo.

Ovvero il 2014 in corso (che, almeno in teoria, avrebbero dovuto essere saldati nel 2015).



La cifra in auge, poi, sarà scalata dalle tasse pagate nel corso dell'anno successivo. Un procedimento di cui, gli interessati, non se ne accorgeranno neanche, dato che l'anno successivo dovrete pagare anche l'acconto dell'anno dopo ancora, il 2015.