Da ormai alcuni giorni il nuovo premier incaricato, Matteo Renzi, porta avanti le consultazioni con la speranza di completare l’iter necessario a metter su una squadra di governo; non appena il percorso sarà completato, il nuovo esecutivo avrà un’importante mole di questioni da dover affrontare, con il tema costituito dalla riforma delle pensioni a figurare certamente fra i più caldi e tormentati.



Tra le categorie che attendono da più tempo una risposta concreta troviamo i lavoratori precoci, per i quali, a differenza del caso esodati (che sul finire del governo Letta hanno ricevuto la promessa di un disegno di legge da approvarsi nel giro di un mese) tutto sembra al momento bloccato; una situazione di stallo che rimarrà almeno sino a quando il governo Renzi non sarà operativo e pronto ad agire.

A questo punto viene da chiedersi quali siano gli scenari futuri per i lavoratori precoci.

Pensioni lavoratori precoci, Renzi punterà sulla pensione anticipata: prestito INPS e reddito minimo garantito le alternative

Come abbiamo ricordato anche nel corso di precedenti contributi, i sindacati dei lavoratori precoci vorrebbero una riforma delle norme che attualmente regolamentano l’accesso alla pensione anticipata, ed è proprio su questo fronte che il governo Renzi potrebbe orientarsi. Il problema sta tutto nel trovare la giusta alchimia, considerati in particolare i tentativi già andati vuoto nel corso del precedente governo Letta.



Un’alchimia per trovare la quale molto passerà dal reperimento di risorse economiche adeguate e congrue, come quelle già stanziate a favore dei cosiddetti esodati; qualora una via simile si rivelasse impraticabile, non mancherebbero comunque le alternative per tentare quanto meno di porre un argine al caso ‘Pensioni lavoratori precoci’. Due in particolare le soluzioni sul tavolo: in primo luogo, continuare a cavalcare la proposta del quasi ex ministro del lavoro Giovannini che ventilò la possibilità di assicurare un prestito Inps a tutti i lavoratori che decidano di abbandonare anticipatamente l’impiego (orientativamente 2 o 3 anni prima).



Continuare a perseguirla, se da un lato non sarebbe dispendioso dal punto di vista economico dato che i lavoratori stessi rimborserebbero il tutto sotto forma di trattenute dirette applicate agli assegni pensionistici, dall’altro apparirebbe come un segno di continuità con il precedente governo Letta, effetto che va nella direzione opposta rispetto ai propositi con i quali si sta formando l’esecutivo Renzi.



Molto dipenderà anche dalla squadra di governo che verrà messa su, con l’ipotesi di garantire un reddito minimo che potrebbe prendere quota nel caso in cui l’economista Tito Boeri (che l’ha proposta qualche mese fa) divenisse ministro del lavoro. L’idea sarebbe quella di concedere un contributo mensile minimo, 4-500 euro, che fungerebbe da integrazione al reddito già percepito, e considerato il livello delle pensioni minime in Italia, tra i più bassi d’Europa, si tratterebbe certamente di una buona alternativa.



Volendo però sbilanciarci e basandoci anche sulle dichiarazioni rilasciate dallo stesso Renzi in passato, l’impressione è che il nuovo governo tenterà la via del cambiamento radicale puntando dunque sulla riforma del dispositivo legislativo vigente, con la legge Fornero in cima alla lista di provvedimenti da modificare. Staremo a vedere, quel che è certo è che per il caso pensioni lavoratori precoci urge trovare una soluzione.