È proprio vero che quando si parla di pensione e INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale) per gli italiani raramente si tratta di buone notizie. Dopo le dimissioni del presidente Antonio Mastrapasqua, arrivano i risultati di un'inchiesta de La Repubblica. L'INPS sarebbe sull'orlo del collasso, il patrimonio azzerato e le prospettive ancora meno rosee.

Pensioni 2014, INPS: dimissioni Mastrapasqua e patrimonio azzerato

Sembra quasi paradossale, ma l'ultimo documento che riporta la firma di Antonio Mastrapasqua è la relazione sul bilancio di previsione, un interminabile rendiconto finanziario che culmina con un dato incontrovertibile: nel corso dell'anno 2014 il patrimonio dell'Istituto, che nel 2009 era di 41,5 miliardi di euro, risulterà azzerato, addirittura a fine anno si attesterà a - 4,5 miliardi di euro.

Inoltre, l'INPS chiuderà il 2014 con un disavanzo complessivo di 12 miliardi di euro. Significa, in altre parole, che le uscite supereranno di gran lunga le entrate. E il disavanzo è destinato a restare tale anche negli anni 2015 e 2016.

Pensioni 2014, INPS: l'intervento (inutile) del governo Letta

Il governo Letta, naturalmente, non è all'oscuro di ciò, tanto è vero che nella legge di Stabilità approvata il 27 dicembre scorso ha previsto la cancellazione di alcune passività patrimoniali accumulate dall'ex-Inpdap (oggi confluito nella grande INPS) nei confronti dello Stato per un totale di 25,1 miliardi di euro. Tuttavia, servirà a ben poco tale manovra. L'INPS riuscirà a riportare il proprio patrimonio in attivo soltanto per qualche mese.

La verità è che senza l'aiuto finanziario dello Stato il deficit è destinato a crescere di anno in anno.

A questo punto, è inevitabile porsi una domanda, anzi LA domanda. Quale pensione avranno un giorno i lavoratori italiani trentenni, quarantenni e cinquantenni di oggi? In passato, abbiamo fornito indicazioni utili proprio al fine di calcolare la pensione del futuro.

Ma a questo punto, stando alla situazione patrimoniale dell'INPS è lecito dubitare anche del fatto che l'Istituto della pensione possa continuare a esistere almeno così come noi lo conosciamo, salvo modifiche strutturali importanti che ne dovrebbero cambiare completamente i connotati e renderla, inevitabilmente, ancor meno competitiva rispetto a quella attuale (che già lo è rispetto a quella di un tempo).

Già il passaggio dal sistema retributivo al sistema contributivo datato 1995, anno di entrata in vigore della riforma Dini che per prima introdusse il sistema contributivo, aveva dato un colpo significativo all'Istituto della pensione, rendendolo meno competitivo. Poi, a partire da quel momento, si sono succedute riforme su riforme che hanno attinto a piene mani al sistema pensionistico per tamponare falle che andavano aprendosi dappertutto nei bilanci dello Stato. I risultati sono questi e sono sotto gli occhi di tutti.

Se oggi effettuiamo una simulazione, ci accorgiamo che la pensione di cui un giorno godremo non andrà di molto oltre il 50% dello stipendio che percepiamo ora. E questo sarebbe già di per sé più che sufficiente per turbare le notti di molti milioni di lavoratori italiani, consci che un giorno andranno incontro a difficoltà economiche enormi. Di fronte al dissesto finanziario e patrimoniale dell'INPS, cioè dell'Istituto preposto all'erogazione di tali assegni, non siamo in grado nemmeno di affermare con certezza che un giorno un lavoratore oggi quarantenne percepirà una pensione. Qualunque essa sia.