Sembra essere una moda tutta italiana quella di intervenire sulle Pensioni ogni qual volta ci siano problemi di finanza pubblica e sia necessario aggiustare le cose in corsa; a tenere banco questa volta due emendamenti presentati alla Legge di stabilità con l’intento di statuire un limite di reddito - 150mila euro lordi - entro il quale sarà possibile cumulare la pensione con altro reddito percepito da lavoro dipendente o autonomo.

Riforma delle pensioni, i due emendamenti presentati alla Legge di stabilità

I due emendamenti appena presentati alla Legge di stabilità mirano, come accennato, ad introdurre un limite (fissato in 150mila euro lordi) entro il quale sia possibile per un pensionato cumulare l’ammontare della propria pensione con altro tipo di reddito derivante da lavoro dipendente o autonomo. L’idea alla base della proposta sarebbe quella di incrementare le prospettive lavorative per i giovani e di ridurre le sacche di lavoro latente (cosa che aumenterebbe il gettito per l’erario),  ma il rischio concreto è che si ottenga l’effetto opposto.



I pensionati che si cimentano in attività lavorative extra versano di fatto già il 43% di Irpef e il 21% di Iva, per non parlare poi dei tributi pagati all’Inps e del contributo di solidarietà al quale saranno sottoposti, a partire dal 2014, tutti gli ex lavoratori che percepiscono una pensione superiore ai 90mila euro l'anno. I pensionati che svolgono attività di consulenza difficilmente verranno destituiti dal proprio incarico per problemi anagrafici, il rischio dunque è che rimangano al loro posto senza però venire regolarizzati (proprio per effetto del divieto di cumulo); quanto già versato dai pensionati sui redditi da lavoro extra potrebbe dunque ridursi, e con ciò il relativo gettito per l’erario.



Fa discutere anche la previsione in base alla quale la pensione verrebbe ad azzerarsi qualora si varchi la soglia dei 150mila euro lordi; è certamente legittimo contrastare il fenomeno del lavoro sommerso come è certamente giusto cercare di creare nuovi sbocchi lavorativi per i giovani, ma tutto ciò non andrebbe fatto sulla pelle di chi ha maturato un diritto in 35 e più anni di lavoro.



L’introduzione del divieto di cumulo avrebbe inoltre valore retroattivo, cosa che appare quanto meno poco corretta verso quanti hanno accettato la pensione magari in vista di un impiego meno dispendioso e più alla propria portata; al di là delle questioni strettamente tecniche legate all’introduzione del divieto di cumulo, a far discutere è la strategia (pocanzi richiamata) che si intende perseguire, ovvero quella di riformare l’istituto delle pensioni ogni qual volta si palesino esigenze di finanza pubblica.



A complicare ancor di più il quadro il fatto che simili previsioni non solo sarebbero portatrici di sperequazioni (in fondo si va ad infrangere il concordato cittadini-Stato) ma rischierebbero anche di peggiorare le cose, con la possibilità che le sacche di lavoro nero possano moltiplicarsi anziché ridursi (perché rivolgersi ad un giovane per un’attività di consulenza - sovente l’attività extra più praticata dai pensionati - che di per se stessa richiede esperienza ed anni di lavoro sul campo?).



A questo punto non resta che attendere per vedere se e in quale misura gli emendamenti saranno approvati; nonostante il limite di cumulo al quale si stia lavorando - lo ribadiamo, 150mila euro l’anno - appaia abbastanza elevato (soprattutto in tempi di crisi), fanno discutere tanto la volontà di dotare la norma di un potere retroattivo quanto la possibilità che si azzeri la pensione in caso di superamento dello stesso limite di cumulo. Simili statuizioni non dovrebbero infatti esser proprie di uno Stato civile, l’Italia, nel quale sempre più spesso si cambiano le regole in corsa in modi quanto meno poco trasparenti (lo stesso caso mini-Imu lo conferma).



Al rinnovato (per effetto della fiducia) governo il compito di risolvere questa e le altre criticità legate ad indulto ed amnistia, riforma elettorale, Imu ed Iuc e sciopero generale indetto dal Movimento dei forconi; a proposito dello sciopero, i leader del Movimento hanno recentemente sottolineato che sarebbero andati avanti ad oltranza qualora il governo Letta avesse ricevuto la fiducia in Parlamento. Un problema ulteriore dunque si palesa all’orizzonte.