La promessa del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, di aiutare gli italiani nel mese di maggio con uno sconto sull'Irpef di 80 euro (con una busta paga leggermente più ricca) ha fatto sorgere, naturalmente, l'interrogativo su come potrà essere tappato questo buco per il fisco italiano.


Ecco, dunque, che spunta una proposta che potrebbe provocare una vera e propria rivolta: è il direttore generale dell'Inps Mauro Nori che, senza usare mezzi termini, e per la prima volta in assoluto, ha parlato di possibile ricalcolo delle Pensioni, in base allo 'storico' dei contributi versati dai dipendenti pubblici e privati.


Si tratta di una vera e propria rivoluzione che, come è comprensibile, potrebbe far 'agitare' non poco i milioni di pensionati. Il perchè è presto spiegato: se il vecchio sistema retributivo prevedeva che l'assegno pensionistico venisse calcolato sugli ultimi cinque anni di attività, se si dovesse passare ad un calcolo retributivo basato solo in base ai versamenti effettivi e ai rendimenti cumulati, la decurtazione della pensione sarebbe davvero di quelle somiglianti ad una vera e propria batosta.


Nori ha affermato che l'Inps è "in grado di effettuare con sufficiente ottimismo il ricalcolo contributivo di tutte le pensioni", per quanto riguarda i dipendenti privati, dato che esiste una serie storica dei singoli versamenti, mentre per quanto riguarda i dipendenti pubblici la cosa sarebbe un pò più complicata.


In termini pratici, a cosa andrebbero incontro (potenzialmente) i nostri pensionati? Facendo qualche esempio, per chi percepisce una pensione da 500 a 750 euro mensili, la decurtazione potrebbe essere intorno al 10-15%, dai 1.000 ai 1.250 intorno al 20%, dai 1.500 ai 1.750 euro circa il 25% fino ad arrivare al 30 per cento per chi riscuote una pensione superiore ai 2.500 euro.