Riforma Pensioni Governo Letta, perché va fatta e perché viene rimandata? Ci sono alcuni punti fondamentali per cui una riforma delle pensioni è assolutamente necessaria, così come vi sono differenti motivi per i quali viene rimandata, tuttavia riconducibili a uno solo: la volontà di continuare a far cassa grazie alle impostazioni poste in essere dalla Fornero.

La riforma delle pensioni del Governo Letta è di gran lunga una delle questioni su cui l'attenzione degli italiani è maggiormente concentrata. Vi sono coinvolti coloro che, prima della riforma delle pensioni Fornero, avrebbero potuto ritirarsi ma sono ancora al lavoro, tutti coloro che si stanno avvicinando al fatidico momento, e allo stesso tempo un'ampissima platea di giovani e non tanto giovani (si pensi ai precari della scuola, non pochi dei quali in attesa di un posto da 10 anni).

Senza dimenticare gli esodati.

In un bell'articolo su IlSole24Ore Gianni Trovati ha ricordato come, per motivi differenti, tutte queste categorie di cittadini vogliono dal Governo Letta una riforma delle pensioni. Spesso il perché è facilmente intuibile: su una stima di 350 mila esodati, solo 130 mila risultano "salvaguardati", mentre altri rischiano di finire nel limbo, per i giovani è semplicemente vitale che possa ripartire il ricambio generazionale nel mondo del lavoro, per chi ha lavorato tutta la vita la possibilità di non attendere le alte soglie imposte brutalmente dalla Fornero è talvolta una giusta recriminazione, talvolta una vera e propria necessità.

Ma perché la riforma delle pensioni non viene fatta dal Governo Letta?

Concordiamo con Gianni Trovati nel ritenere due i motivi principali: la necessità di non lanciare le imprese in un nuovo vortice di cambiamenti e soprattutto, la necessità di continuare a fare cassa e di "non mettere in pericolo una quota eccessiva dei risparmi garantiti per i prossimi anni dalla riforma Fornero, e che ammontano a 80 miliardi di euro nel solo periodo 2011-2021".

Motivazioni ampiamente confermate da Giovannini e da Saccomanni. La riforma delle pensioni al momento non viene fatta per motivi economici, più che tecnici. La proposta di Damiano che vorrebbe introdurre maggiore flessibilità permettendo, finalmente, più che al ricambio generazionale nel mondo del lavoro all'intera Italia, di ripartire, non convince perché mette a rischio una quantità di denaro troppo ingente.

Il problema della riforma delle pensioni riguarda i saldi previdenziali, dato che, come scrive Trovati "su ogni stipendio, azienda e lavoratore pagano un'aliquota complessiva del 33%, per cui se l'uscita anticipata (e la conseguente fine dei versamenti) non è accompagnata dalla creazione di nuovi posti di lavoro, i saldi previdenziali peggiorano e quindi occorre trovare una copertura aggiuntiva". Ma l'idea, per l'appunto, sarebbe quella di una riforma fortemente orientata alla creazione di nuovi posti di lavoro.

Ora il Governo Letta dice che della riforma delle pensioni si riparlerà a settembre, per poi magari renderla operativa dal 2014. Ma tali intenzioni non riescono a tranquillizzare gli italiani.

Non solo non vi sono certezze che la riforma delle pensioni venga effettivamente a concretizzarsi entro il primo gennaio 2014, vi è l'enorme incognita su come questa verrà fatta. Il Financial Times ha bacchettato duramente Letta non molto tempo fa, invitandolo a darsi una svegliata e a smettere di rinviare i problemi. Anche la riforma delle pensioni, come molte altre cose, è stata rinviata. E di rinvio in rinvio, il ventaglio degli insoddisfatti si allarga, e la paralisi del paese continua.