Il decimo rapportodella confederazione, "Industria,contrattazione e mercato del lavoro", traccia una vera e propriaeconomia di guerra: dal 2008 a oggi sono stati persi 674 mila posti di lavoroche tradotto in cifre, significa il2,4% dell'occupazione, il 6% del PIL, il 4,3% dei consumi delle famiglie e il 20% degli investimenti,cioè volumi d'introiti sottratti all'economia reale, e se i dati sarannoconfermati, per il 2013 non si attende nessuna inversione di tendenza, anzi ilrischio di bruciarne altri 123 mila, è dietro l'angolo. Il segno meno nel mercato del lavoro italiano si traducein un elemento tangibile, i dati riportati dal rapporto quinquennale della Cisl, lasciano l'amaro in bocca.

Nell'industriaci sono stati 415.485 licenziamenti (8,3%), mentre nel settore edile in terminidi occupati su scala nazionale, la flessione è del 13,2% con -259.293 posti dilavoro, non tende a placarsi l'insieme degli esuberi neanche nei settoriprotetti come Ministeri (- 7.576), Enel (- 4000), Poste (-3200), Finmeccanica (-2600)e settore bancario con 20.000 posti di lavoro in serio rischio.

La massima concentrazione dei licenziamenti la detiene il mezzogiorno col 65%, dove lamancanza d'infrastrutture è il perno centrale dell'arretratezza economica esociale, rispetto al nord del paese. Tutt'altro che felice il commento del segretario generale Bonanni: "Rischiamo di diventare una Repubblicafondata, sul non lavoro, occorre uno choc fiscale, un provvedimento straordinarioper dimezzare le tasse, far ripartire la nostra economia, sollevare i salari ei consumi".

Nello stesso tempo occorre favorire fiscalmente la creazione dinuovi posti di lavoro, "sarà questa la richiesta forte che faremo al Governonel corso del nostro Congresso della Cisl e nella manifestazione unitaria che abbiamoprogrammato il 22 giugno a Roma".

Dello stesso avviso il Segretario Confederale della Cisl,Luigi Sbarra, responsabile del settore industria, secondo cui "bisogna partiredallo sblocco delle risorse incagliate per investimentiinfrastrutturali, politiche energetiche, opere pubbliche, e dalla richiestaall'Ue di sganciare dalla contabilizzazione del deficit tutte le spesefinalizzate a investimenti in infrastrutture, occupazione e politiche attive peril lavoro".

Rilevando che: "L'occupazione non si crea modificando le regole sul lavoro, ma con politiche industriali e politiche per la crescita, capaci di muovere l'economia, gli investimenti e i consumi, partendo da una riduzione del carico fiscale sul lavoro e le imprese". In questo quadro, insiste Sbarra, "vanno risolte le emergenze degli esodati e degli ammortizzatori in deroga, i quali, pur apprezzando le prime dichiarazioni del Governo, sono assai lontani dall'aver risolto i problemi".  "Per gli ammortizzatoriin deroga il decreto legge di parziale rifinanziamento prevede un regolamentoconcordato con regioni e parti sociali che individui criteri di concessionemaggiormente selettivi, ma per noi i criteri devono tenere conto della gravitàdella situazione economica e sociale".