L'Imu, l'imposta sugli immobili, consentirà di pagare meno Irpef (ufficialmente Ire), l'imposta sui redditi personali, a chi abbia immobili (case o terreni) che non siano dati in affitto. Secondo l'articolo 8 comma 1 del decreto legislativo n. 23 del 2011, infatti, l'Imu "sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, e l'imposta comunale sugli immobili (ICI)".

Traducendo dal linguaggio burocratico, l'Agenzia delle Entrate, con la circolare 5/E, lo scorso 11 marzo ha spiegato che il pagamento dell'Imu vale a sottrarre dalla base imponibile su cui si calcola l'Irpef i fabbricati che non siano presi o concessi in affitto, i terreni (per la componente dominicale) che non siano concessi in affitto, gli immobili non concessi in affitto ma dati in comodato gratuito (si tratta sostanzialmente degli immobili dati in prestito, quale che sia la durata del prestito, come può accadere a genitori che danno un appartamento in uso ai figli, mantenendo la proprietà dell'appartamento stesso), immobili destinati a uso del professionista.

Ovviamente, se un immobile sfitto viene poi affittato, si applicherà l'Irpef o la cedolare secca (dipende dalla scelta di chi dà l'immobile in affitto) per il periodo di tempo in cui l'immobile genera redditto attraverso il canone di affitto. L'Imu non comporta invece alcuna detrazione sulla base di calcolo dell'imponibile Irpef per redditi agrari (articolo 32 del Tuir, Testo unico delle imposte sui redditi), redditi fondiari diversi da quelli su cui si applica la cedolare secca, redditi derivanti da immobili che non producano reddito fondiario a norma dell'art. 34 Tuir, redditi di immobili in possesso di soggetti passivi dell'Ires (imposta sul reddito delle società).