Inatteso semaforo rosso per il redditometro, il discusso strumento elaborato per combattere l'atavico problema dell'evasione fiscale in Italia.

Con una sentenza destinata senza dubbio a far discutere, questa mattina il giudice Antonio Lepre del Tribunale di Pozzuoli (Napoli) ha accolto il ricorso di un contribuente che voleva impedire l'accesso ai propri dati personali. Contestualmente, ha ordinato all'Agenzia delle Entrate di non intraprendere alcuna ricognizione, archiviazione o comunque attività di conoscenza o di utilizzo dei dati, di cessarla se iniziata o di distruggere eventuali archivi già esistenti.

Grande soddisfazione, ovviamente, per il contribuente, che aveva sostanzialmente contestato la presunta violazione della propria privacy, asserendo che attraverso questo strumento di controllo finanziario di fatto vengono monitorati anche gli aspetti più provati della propria sfera personale come a titolo di mera esemplificazione, le spese mediche.

Leggendo con attenzione le nove pagine della rivoluzionaria sentenza, emerge come il Tribunale di Pozzuoli abbia bocciato il redditometro anche dal punto di vista tecnico. Secondo il Giudice Lepre, le stime Istat che vengono utilizzate come parametro sono incompatibili con la specificità della materia tributaria, sostanzialmente perchè i dati dei contribuenti vengono valutati sulla base di una differenziazione di tipologie familiari suddivise in cinque macro aree geografiche.

Il redditometro, quindi, non sarebbe uno strumento attendibile, e limiterebbe anche la capacità del contribuente di potersi difendere in modo adeguato in caso di contestazioni.