Siamoormai in dirittura d'arrivo per l'approvazione del redditometro 2013 e come è logico che sia le associazioni dei consumatorimanifestano il loro dissenso rispetto a questo ulteriore provvedimento vistocome ennesimo aggravio alle finanze delle famiglie italiane messe a dura provadalla crisi e dalla precarietà che ad essa è conseguita. La Adusbef, Associazione difesaconsumatori ed utenti bancari, finanziari ed assicurativi, si è detta intenzionataad impugnare il provvedimento presso gli organi di Giustizia Amministrativacompetenti. Sono in particolare due gli aspetti di illegittimità del DM contestatied uno di essi avrebbe anche rilievo costituzionale.

Lamisura del redditometro che si vuole introdurre sarebbe innanzitutto viziata daillegittimità costituzionale perviolazione della norma contenuta nell'art.53 della Costituzione, in base alla quale tutti i cittadini sono si tenutia concorrere alla spesa pubblica, ma in ragione della propria capacitàcontributiva. Il decreto introduttivo del redditometro invece non farebberiferimento alla capacità finanziaria del singolo contribuente, bensì ad una capacità contributiva media riferitaall'insieme delle famiglie italiane, classificate in base alla lorocomposizione numerica e alla loro dislocazione sul territorio della Repubblica.I valori medi in questione dovrebbero essere calcolati e stimati dall'Anagrafetributaria oppure rilevati dall'ISTAT.

In tal senso ciò che il governo disponedeterminerebbe un abbassamento delle garanzie costituzionali per il cittadinoche verrebbe ad essere sottoposto ad un prelievo fiscale non più in base allasua reale situazione economico-finanziaria, ma in base ad una presunzione dellacapacità contributiva fondata su dati che altererebbero la realtà dei fatti.

Vienepoi messa sul piatto anche la questione dell'inversione dell'onere della prova. L'art. 2697 c.c dispone chel'onere della prova è a carico di chi intende far valere un proprio diritto insede giudiziale, gli esperti della Adusbef ritengono invece che gli ampi poteridi accertamento che lo Stato si attribuisce in materia fiscale andrebbero adalterare il meccanismo previsto della norma codicistica, determinando unasostanziale inversione dell'onere probatorio.

Ariguardo una sentenza della Cassazionedel 2011 aveva stabilito che in caso di componenti positivi di reddito (ricavi,plusvalenze patrimoniali, sopravvenienze, dividendi ed interessi, proventiimmobiliari, rimanenze) spetta all'ufficio impositore dimostrare e provare lamaggior esistenza di reddito, mentre in caso di componenti negativi (costi eoneri) la prova spetta al contribuente. Questa sentenza aveva però suscitatoreazioni di dissenso e molti fra gli esperti avevano evidenziato la loroperplessità circa il condizionamento che viene a subire il contribuente nelprocesso tributario, per effetto della distinzione introdotta sull'onereprobatorio a seconda che si tratti di compensi positivi o negativi di reddito:l'onere della prova dovrebbe dunque spettare sempre al fisco, la controprova alcontribuente.

Aconferma di ciò l'Adusbef fa riferimento ad una più recente sentenza della Cassazione, la n. 23554 del 2012,affermando che con essa la Corte ha stabilito che non è il contribuente adoversi difendere sulla base dell'accertamento da redditometro, ma è il Fisco adover provare l'incompatibilità del reddito dichiarato con spese effettuate etenore di vita.