La scure della mannaia del risparmio pubblico, anglofonamente parlando “spending review” calerà su poco meno di una settantina di Camere di Commercio dislocate su e giù per la penisola italica. Considerando che in tutto sul territorio ve ne sono attualmente ben 105  ne resterebbero in totale 36. Praticamente una ecatombe.

Secondo i calcoli per ogni anno che si va ad iniziare le imprese (piccole, medie, artigianali, grandi e grandissime) versano quasi un miliardo e 171 milioni di euro solo per quanto concerne i contributi che le aziende sono costrette a pagare per l’iscrizione e il mantenimento del ruolo.

Sostanzialmente una tassa che sta a metà tra quelle pubbliche e quelle private vista la collocazione degli Enti che sono una via di mezzo tra le istituzioni statali e quelle imprenditoriali.

Secondo invece un criterio di attribuzione per quanto riguarda la presidenza su 105 Camere di Commercio quaranta sarebbero gestite da uomini in forza Confcommercio, trentadue da persone provenienti dalla Confindustria, sedici tra Cna e Confartigianato, qualcuna alla Coldiretti e due affidate alle cure di personale Confcooperative. Anche qui un “manuale Cencelli” che ripartisce nella stanza dei bottoni gli uomini destinati alla loro rappresentatività e gestione sulla base di patti ben articolati.

Tutte collocate in seno alla Unioncamere che è l’associazione di categoria che le raggruppa e le rappresenta a livello nazionale le Camere di Commercio potrebbero ben presto ritrovarsi con un minore peso in seno al sistema generale così com’è conosciuto sino ad oggi.

Il campanello d’allarme si era già sentito quando in una lettera dello scorso fine agosto il ministro Corrado Passera  aveva avanzato proposte per una “urgente riforma delle camere in modo da assicurare bacini di utenza più ampi, economie di scala nei servizi e una riduzione dei costi per le imprese”.

Sicuramente non avranno problemi Camere di Commercio come quelle riferite a Roma con 331.204 aziende iscritte attive e 415 dipendenti; Milano: 285.264 ditte attive e 395 dipendenti; Napoli: 226.217 iscrizioni e 140 lavoratori assunti; Torino 207.518 aziende e 323 dipendenti; Bari con 153.187 partite iva e 189 stipendiati. Le prime cinque camere citate non avranno problemi a proseguire la loro vita ma da Matera a Crotone, da Brindisi a Grosseto, da Belluno, Rovigo a Savona, in tanti già iniziano a tremare!