Desiderare di avere un figlio, è il sogno di tutte le coppie. Per nove mesi si progetta, si sogna, s'immagina e poi, la vita riserva sorprese inaspettate. E' vero, il figlio desiderato è ben lungi dall'essere come lo immaginavamo; ha un corpo, un'anima e soprattutto un cervello che ragiona e che spesso si scontra con quello del genitore.

La cosa più sbagliata che si possa fare, è reprimere i suoi sogni, le sue aspettative, le sue illusioni. Probabilmente, la paura che si scontri con la vita o che rimanga deluso, spinge il genitore a fare di tutto per dissuaderlo, ma non sa che, così facendo, agisce in modo puramente egoistico, pensando al proprio personale bene e non a quello di suo figlio.

I giovani, è vero, a volte hanno idee surreali e veramente fantastiche, ma è giusto che ci arrivino da soli a capire che il mondo non è fatto di castelli in aria, ma che occorre concretezza ed applicazione. Amare un figlio vuol dire anche questo, capire i suoi limiti, consigliarlo senza imporsi. Per nove mesi si pensa a lui come a una perfetta creatura, il risultato della sinergia dei cervelli dei genitori, la loro proiezione nel futuro e magari la realizzazione ed il riscatto dei loro fallimenti.

Ho sempre amato le parole di Gibran il Profeta: " i genitori sono glia archi da cui i figli, come frecce viventi, sono scoccati", penso che dicano tutto. Il genitore è il punto di partenza, importantissimo, perché imposta una vita ma non può decidere dove e cosa farà.

Ognuno è passato per questo percorso, a volte ne è uscito con profonde ammaccature, ma non si può demonizzare un figlio a causa del proprio passato.

Le parole che usiamo, dure, esagerate, dettate dal momento e che spesso vengono dimenticate subito dopo averle pronunciate, si fissano su di loro indelebilmente e spesso generano altra rabbia, insicurezza, convinzione di essere dei falliti e degli sconfitti, ancora prima di averci provato.

C'è il detto: "le parole uccidono più della spada", coi figli è ancora peggio perché il genitore, la famiglia, dovrebbero rappresentare la sicurezza, la stabilità e la certezza e non una prigione da cui si desidera fuggire al più presto. Un figlio che quotidianamente si sente dire che è un fallito, che è una delusione, che è uno sbaglio della natura, inevitabilmente cercherà in "mondi artificiali" o in altre compagnie quello che qui non ha trovato; meglio fermarsi a pensare, prima di domandarsi: "dove ho sbagliato".

I figli, sono molto più fragili di quello che si pensa, la loro spavalderia è spesso la maschera della loro timidezza e la loro mancanza d'applicazione è più un'evidente richiesta d'aiuto, che incapacità patologica. Essere genitori è il mestiere più difficile del mondo, ma non impossibile. Sicuramente la mamma impara prima, grazie a quell'invisibile cordone ombelicale che nessuno potrà mai tagliare, ma il papà deve continuamente ricordarsi che il figlio è stato generato in un atto d'amore e non in un amplesso puramente fisico. L'adulto Peter Pan è sempre un antagonista temibile, incapace di crescere e di far crescere, esempio negativo nella famiglia così come nella vita dei figli.

Le parole possono esprimere amarezza, biasimo, ma anche amore e convinzione di superare insieme gli ostacoli. Solo così il figlio maturerà e saprà affrontare il mondo, certo che i genitori, i suoi più grandi sostenitori, non lo abbandoneranno mai.