L'arrivo di Snowpiercer nei Cinema italiani a fine febbraio scorso è stata una piacevole sorpresa nel panorama cinematografico attuale: pur avendo avuto problemi di distribuzione con la Weinstein Company, il prodotto finale risulta in gran parte riuscito. Diretto dal visionario Bong Joon-ho (autore del bellissimo "The Host" che vi consigliamo di recuperare) e tratto dal fumetto francese "Le Transperceneige" di Benjamin Legrand, Jacques Lob (sceneggiatura) e Jean-Marc Rochette (disegni), Snowpiercer è un piccolo gioiello della fantascienza post-apocalittica che tuttavia, a nostro modo di vedere, presenta qualche piccolo difetto.

Esemplificando, ci è parso che la parte coreana, condita da un certo modo di strutturare la storia e da un'ironia sagace (ma minore rispetto a "The Host") funziona meglio alla parte americana, quella del dinamismo a tutti i costi e di tutte quelle logiche pensate per il pubblico. Andiamo a spiegarci meglio. 

Snowpiercer: la storia

Nel film sono presenti diversi errori, alcuni bloopers (guardare il finale per credere) e qualche nota stonata, ma ciò non toglie che Snowpiercer sia un bel film nel suo genere. Anche se la trama è la solita, la rivisitazione funziona bene (ma questo è merito del fumetto): un gruppo di superstiti a una nuova era glaciale vive da 17 anni in un treno auto alimentato che in 1 anno compie il giro del mondo.

Il treno è diviso in vagoni, che a sua volta rappresentano le classi sociali. In fondo ci sono i poveri: barboni ridotti a mangiare disgustosi blocchi di proteine; a capo ci sono i ricchi e al primo vagone in assoluto c'è Wilford, il creatore del treno che ha salvato il mondo. Eppure, forse, guardando fuori dal finestrino, potrebbe esserci ancora qualche speranza di cambiare il proprio modo di vivere.

E la classica lotta tra ricchi e poveri si potrebbe trasformare in qualcosa di molto più concreto che in una semplice battaglia di diritti.

Snowpiercer: la recensione

Il film gira e gira bene, seppur tra alti e bassi: la grande interpretazione di Tilda Swinton, unita alle scene più comiche (il Capodanno durante la battaglia, la classe scolastica solo per citarne alcune) così come lo script che riesce benissimo a condensare le pagine del fumetto originale risultano sicuramente tra le cose migliori.

Il discorso sociale è sicuramente da approfondire, in quanto perno centrale del film: è su questo che si basa prevalentemente il fumetto, sulla lotta di classe. Sulla contraddizione tra caos/rivoluzione e ordine/stato sociale. Sull'umanità dei personaggi, ben tratteggiati anche nel film. E nonostante a volta possa puzzare di déjà vù, risulta un già visto necessario. Perché ciò che conta non sono solo le storie, ma il modo di raccontarle. E Joon-ho, nonostante il bel fumetto a cui restare aggrappato, compie un passo importante proprio nel raccontare un certo tipo di storia, dove i ruoli si fondono e si confondono ed evitano di indossare il vestito della macchietta.

Pur con qualche difficoltà, il regista ha saputo dosare bene anche la miscela di elementi americani e orientali, ma se ai primi, fortunatamente, non viene dato troppo spazio, i secondi esplodono in una potenza contenuta: ciò che ne emerge è un ibrido stilistico che funziona e gridare al miracolo non ci conviene.

Joon-ho è un bravo regista e Snowpiercer è un film divertente. Siamo lontani dal capolavoro, ovviamente, ma vicini a quello che volevamo vedere: un film che ci stupisse nel suo modo di essere narrato.