Un pullman percorre una strada di notte, da qualche parte nel Sud Italia. Una pattuglia della polizia stradale lo ferma per un controllo. L'agente che sale a bordo Matteo (Giorgio Pasotti) sembra colpire una ragazza che viaggia sul mezzo, Assia (Nina Torresi).

Il pullman riparte, ma poco dopo scopriamo che è finito fuori strada: Matteo si lancia tra le lamiere e salva Assia prima che il veicolo esploda. Quella stessa notte, in un locale poco pretenzioso, assistiamo all'esibizione di un cabarettista in disgrazia, Enrico (Gianfelice Imparato), uno che dopo un periodo di successo, anche televisivo, ora deve calcare palcoscenici di provincia.

In qualche modo quella notte e quell'incidente legheranno i destini dei tre personaggi e con loro quelli di Lidia (Esther Elisha) e di Damiano (Antonio Milo), che vivono a Bolzano.

Nottetempo è un film originale anche nelle sue pecche. Un noir esistenziale più ambizioso che riuscito. Eppure nella produzione italiana spicca come un oggetto alieno, poco coerente con il panorama nostrano, dominato da idee stantie, polverose.

Francesco Prisco, alla sua opera prima dopo cortometraggi, sceneggiature, spot, commette l'errore tipico dell'esordiente, quello di voler mettere tantissimo nel primo film. Non a caso François Truffaut ammoniva che "voler in un film tutto, come non metterci niente, significa impedire agli altri di dare un giudizio, terrorizzandoli con l'oscurità delle intenzioni".

Prisco infarcisce il suo film di malinconie, storie inespresse, disagi del vivere, intrecci del destino, silenzi ed esplosioni d'azione... A un certo punto poi i fili delle strade dei personaggi s'intrecciano in una maniera necessaria per la storia, ma poco plausibile dal punto di vista logico (e ovviamente non possiamo svelarvi di cosa stiamo parlando).

Detto questo, Nottetempo ha il pregio e il sapore dell'autenticità, della necessità: un film non riuscito, ma sincero e autentico, è comunque superiore a un'operazione di marketing studiata in laboratorio e travestita da film.