Dopo la programmazione in prima serata su Canale 5 del film "La grande bellezza" di Paolo Sorrentino, Facebook è stata invasa dai commenti, per la stragrande maggioranza negativi, degli internauti.

Molto colorati e vivaci gli interventi, incentrati sulla noia e la lentezza della pellicola, sull'impossibilità di seguire un filo logico, sull'uso eccessivo del grottesco espresso nelle molte inquadrature di volti disfatti. I personaggi sono sembrati ai più delle semplici comparse, banali e scontate le loro caratterizzazioni, molti i confronti con Fellini, da cui Sorrentino esce sempre sconfitto per la freddezza della narrazione e la mancanza di coinvolgimento emotivo, che tutti riconoscono al grande maestro del cinema italiano.

Pochissime e di basso profilo le note positive che hanno riconosciuto al regista partenopeo un grande valore e coraggio nel raccontare una decadenza ostentata e un disgregarsi dei valori su cui riflettere, un racconto di grande maestria, uno sguardo disincantato, senza pietà su alcuni stili di vita della società attuale.

Le interruzioni pubblicitarie poi sono state criticate in molti interventi per il loro disturbo di continuità in un film da vedere immergendovisi completamente. L'attore Toni Servillo ha invece conquistato i favori della maggioranza dei navigatori, così coma la fotografia di Luca Bigazzi e naturalmente Roma, città eterna, la cui enorme bellezza crea un contrasto accecante con chiunque ne sia assolutamente privo, come i personaggi del film, superficiali, indolenti, annoiati e stanchi.

Per me un racconto straordinario, dove ritrovare situazioni e semplificazioni dell'oggi, riguardanti non certo solo Roma, ma anche altri luoghi, altre circostanze. Una metafora continua sulla fatica della condizione umana, delle scelte difficili, delle occasioni perse, sulla facilità di lasciarsi travolgere e stritolare da meccanismi insidiosi, di essere prede dei canti di false sirene, di scegliere strade facili che portano al nulla assoluto.

Il grande attore principale, Toni Servillo, narratore sapiente, ricorda Virgilio e ci mostra eleganti e raffinate immagini di opere dell'ingegno e della saggezza umana, dalla bellezza inestimabile, racchiuse nello scrigno della città di Roma e poi sempre quella stessa umanità, nello squallore e nella desolazione, intenta a dimenticare tutto ciò che ha edificato e soprattutto il perché l'ha fatto.

Tante le frasi che si ricorderanno e che a tratti spiegano il non detto, una fra tutte, detta dal protagonista, scrittore di un solo libro: "Mi chiedono perché non ho più scritto un libro. Ma guarda qua attorno. Queste facce. Questa città, questa gente. Questa è la mia vita: il nulla. Flaubert voleva scrivere un romanzo sul nulla e non c'è riuscito: dovrei riuscirci io?" Paolo Sorrentino ce l'ha fatta.