C'è un film in programmazione in questi giorni che passa in sordina ma che risulta di una bellezza sconvolgente. Il suo titolo corrisponde ad un nome di tre lettere 'Ida'. Il lavoro appartiene ad un regista polacco naturalizzato inglese, Pawlikowski, che ricostruisce una vicenda drammatica accaduta durante la seconda guerra mondiale attraverso la ricerca effettuata da due donne negli anni 60, quando la Polonia era sotto il regime comunista.



Pawlikowski ha già firmato due bellissimi film 'My summer in love' e 'Last Resort' e in questo lavoro il racconto che procede a ritroso, perché la ricerca si svolge su fatti accaduti negli anni 40, si consuma sulla macchina da presa tutto in bianco e nero.

Dietro si nota la lezione del grande Polansky e di Bergmann. Qual è il fascino e il valore alto di tale lavoro? Lo stile della narrazione, che non conosce accenti di troppo, perché tutto è contenuto e raccontato con un'asciuttezza e una fedeltà ai fatti sconcertante.



La storia si apre in un convento polacco dove una novizia si prepara a prendere i voti e consacrarsi a Dio. Ma la novizia non conosce il suo passato, è un'orfanella cresciuta in un brefotrofio. La madre superiora consiglia ad Ida, la suora in questione, di recarsi a far visita all'unica parente rimasta che vive a Varsavia. Ed ecco l'incontro delle due donne, Ida, e la zia Wanda, una cinquantenne single, che è stata in passato un magistrato del regime e combattente contro il nazismo.





Le due donne, così diverse, decidono insieme di cercare la verità intorno alla misteriosa scomparsa dei genitori di Ida e la zia Wanda rivela alla suora di essere una ebrea.



La ricerca giunge al suo termine e la verità presto viene a galla. I genitori sono stati ammazzati da un contadino ad accettate dopo essersi nascosti in un bosco.

Tutto per impossessarsi della casa. Wanda conduce la giovane nella casa che un tempo era stata dei suoi genitori, una casa poverissima davanti ad una sterminata pianura, conduce la ricerca, raccoglie le ossa e dà loro degna sepoltura in un cimitero ebraico di Lublino.



Ma la storia prosegue e l'aspetto più sconcertante sono le scelte di vita che farà Ida.

Di fronte al dolore gli sforzi degli uomini sono vani. Ida, dopo aver incontrato l'amore ritornerà al suo convento, mentre ben altro destino attende la zia Wanda.



Film asciutto e prezioso, con inquadrature dove la figura umana non sta mai proprio al centro e viene sempre colta con una grazia specialissima. Al centro del destino dell'uomo non c'è lui, l'uomo, benchè i suoi sforzi siano incommensurabili. Ida ritornerà al convento con il carico di dolore che si porta nel cuore.



Stupende le interpretazioni delle due attrici Agata Kulesza e Agata Tzebuchowska. Un film poetico e vero con ritmi equilibrati che nulla hanno a che vedere con il cinema americano. Tutto è accompagnato da brani di musica classica che la zia Wanda sceglieva accuratamente nel suo salotto.

Quasi a dire che difronte alle assurde tragedie della storia a portare sollievo non sono le ideologie, non è la cultura, ma solo un caldo sentimento di fede, ma anche quello è merce preziosa, un dono riservato a pochi.