Il capitale umano di Paolo Virzì tratto dall'omonimo thriller di Stephen Amidon:quando fingere e derubare diventa una regola.

La cosa più intrigante del film, oltre al potente affresco che il regista fa della società italiana rappresentata da due classi, quella dell'imprenditore e quella del piccolo borghese (l'agente immobiliare), è la struttura per capitoli.

I capitoli sono quattro e come nel libretto di una fisarmonica, man mano che si spagina comprendiamo di più. Al primo capitolo si vedono due scene importanti, un cameriere che rientrando nella notte rimane vittima di un incidente e una normalissima partita da tennis cui è invitato Fabrizio Bentivoglio, il titolare dell'agenzia immobiliare, che arriva per caso alla villa dei Bernaschi per accompagnare la figlia che flirta col figlio del miliardario.

Un invito a giocare a tennis solo perché manca il quarto giocatore e la vicenda è avviata. Lo stolto scambia per una battuta l'invito ad entrare in un fondo con un taglio minimo di 500.000 euro. Accetta e arriva a farsi dare un prestito in banca di 200.000 per godere dei ricavi. Le percentuali di interessi viaggiano intorno al 40%. Ed è fatta.

Tutto quello che si vedrà nei capitoli successivi serve solo per dare sviluppo ad una vicenda dai risvolti imprevedibili e proprio come nelle scatole cinesi l'ultimo cassetto, pardon, l'ultimo capitolo, servirà a mostrare quello che davvero succede nella vita. Le persone vere bersagliate e recluse, i rapinatori e i furfanti sempre a galla.

Ma quello che rimane, oltre ai ritratti di personaggi purtroppo molto diffusi nella vita reale sono le personalità dei giovani, anche loro ingannati da padri che prima di tutto pensano a far lievitare i conti, pronti a infrangere anche il più delicato segreto pur di sistemare questioni finanziarie rimaste in sospeso e a passar sopra ai sentimenti di una figlia per, con un ricatto, riacciuffare quelle 700.000 euro che nell'affare si erano dileguate.

Accanto ad una struttura che si dispiega come le pieghe di una fisarmonica e che rilascia tasselli parziali di una verit che solo alla fine si riesce a ripescare, ritroviamo la sapienza dello sceneggiatore , che per sottolineare il potere del denaro e la capacità che ha esso di stritolare o salvare le vite degli uomini, ambienta le fasi più delicate della storia in pieno inverno,con quella fila di grandi investitori che entrano in cappotti neri nella villa dei Bernaschi e mantengono, anche nei momenti più cruciali facce impassibili.

In questo impero del cinismo e della menzogna a rimanere integre sono la consorte del Bentivoglio, interpretata da una come al solito bravissima Valeria Golino,e la figlia che s'innamorerà perdutamente di un poverissimo suo coetaneo.

Le donne nel film hanno sete di verità perché tutto galleggia nella menzogna. Ma anche quando la vicenda volge al termine una scritta sullo schermo ci avverte che mentre le somme di denaro possono lievitare anche del 40%, la vita di un uomo vale appena 220.000 euro.

Questa è la cifra con cui l'assicurazione risarcirà il cameriere investito. Il capitale umano stabilito secondo alcuni parametri fissi dagli assicuratori è ben poca cosa rispetto ai giochi dell'alta finanza.

Un Virzì della migliore qualità in un film che risulta essere un potente affresco di un mondo corrotto.