Cosa lascia nel cuore dello spettatore un film come Venere in pelliccia per la regia di Roman Polanski? La stampa estera lo definisce "divertente" eppure nella serrata indagine che l'autore della sceneggiatura riesce a fare delle sottili manipolazioni psicologiche cui la mente umana è sottoposta, si ha poco da ridere e molto da pensare.

Non è certo un dramma, ma una commedia amara che dimostra come sia facile, con molta spregiudicatezza e aggressività, ribaltare il ruolo della donnina debole e indifesa. Lo fa magistralmente l'attrice protagonista che si presenta ad un'audizione in ritardo e vestita in modo sciatto e disordinato.

Non le daresti un soldo di fiducia, così fa anche il regista, sfiancato da una giornata di audizioni che non hanno portato alcun frutto. Eppure, tempo al tempo, proprio la sciatta e spregiudicata attrice rivela doti impensabili e durante la recitazione sa calarsi perfettamente nella parte di Vanda, la protagonista della piece tratta dal romanzo di Leopold Von Sacher Masoch.

Non è divertente tale film, anche se incuriosisce per l'andamento impensabile che prende l'incontro e sorprende per come, nel gioco delle parti, l'attricetta da quattro soldi riveli una personalità indomita, pronta a schiacciare sotto i suoi piedi la personalità del regista, masochista e succube fino al midollo. Chi l'avrebbe mai immaginato?

Non è un film semplice, ciò che viene scandagliato è il potere seduttivo della donna, che qui emerge e deborda perché impatta col masochismo sotterraneo del regista, ed anche se le scene e le situazioni appaiono spinte sino al ridicolo, la seduzione di Vanda è tutta intellettuale e psicologica e chi si avvicina al film convinto di incontrare scene spinte di un erotismo baccanale va incontro ad una grande delusione.

Nessun erotismo, nessuna carnalità, anche se la protagonista recita con vesti succinte. Solo la brillante e astuta performance di una donna che difende i suoi diritti ed è consapevole della forza del suo potere seduttivo. E di baccanale solo le Baccanti, che compaiono alla fine della storia, quando i giochi si sono consumati, a rivendicare il loro potere come nel Penteo di Euripide.

Bravi i due attori, Emmanuel Seigner e Mathieu Amalric. Ma alla fine, dopo che le luci si sono spente, e i giochi si sono svolti, si esce e sei pieno di amarezza. In quel rapporto, che si consuma sullo sfondo di una giornata plumbea e fuligginosa, dentro un teatro di Parigi su cui la telecamera come entra poi inequivocabilmente esce, non c'è l'ombra dell'amore. Quella storia è solo l'incontro di due narcisismi, quello del regista e quello dell'attrice. E nel trionfo del sado-maso l'amore, quello vero, fatto di passione, di slanci e di reciproco appagamento annega inesorabilmente, proprio come dentro le pozzanghere del viale parigino. E all'uscita solo il vento umido e gelato di novembre ti rimane addosso.