Cesare Segre, uno dei pilastri italiani della filologia e della critica letteraria, si è spento ieri a Milano. Lascia la moglie Maria Luisa Meneghetti, anche lei docente di filologia romanza presso l'Università degli Studi di Milano.

Nato a Terzuolo, in provincia di Cuneo, nel 1928, Segre è visto come uno dei più grandi teorici italiani di semiologia. Filologo e saggista, è stato anche una delle più note firme delle pagine culturali del Corriere della Sera. Simbolo di un'epoca gloriosa per la nostra cultura letteraria, ha curato edizioni critiche di grandi classici ed è stato autore di profonde riflessioni teoriche sul corretto uso delle forme linguistiche e dello stile letterario.

Di origine israelita, deve molto allo zio Santorre Debenedetti, anch'egli famoso filologo, presso il quale si formò. Frequentò l'Università come allievo di Benvenuto Terracini e mostrò, fin da subito, una spiccata attitudine allo studio letterario ed una radicata preparazione in materia, tale da ritrovarsi a 26 anni, quasi coetaneo dei suoi allievi, ad insegnare filologia romanza presso l'Università di Trieste.

Da quel momento, la sua carriera è un incremento continuo di nuove esperienze e collaborazioni. Visiting professor presso le Università di Manchester, Rio de Janeiro, Harvard, Princeton, Berkeley ed Accademico della Crusca, ha collaborato con numerose riviste letterarie. Tra le tante, ricordiamo Studi di filologia italiana, Cultura neolatina, L'approdo letterario.

E' stato redattore di Paragone, la famosa rivista mensile di arti figurative e letteratura, fondata da Roberto Longhi nel 1950. Con Maria Corti, Dante Isella e d'Arco Silvio Avalle, è stato direttore di Strumenti Critici, importante rivista quadrimestrale, che ha ridisegnato lo scenario della critica letteraria italiana, tramite il ragionamento metodologico e l'indagine critica.

Su insegnamento di Benvenuto Terracini, Segre si è dedicato anche alla critica stilistica di alcuni classici della letteratura italiana, dando origine ad una amplissima produzione di saggi, quasi tutti editi da Einaudi, tra i quali, Avviamento all'analisi del testo letterario (1985), Intrecci di voci. La polifonia nella letteratura del Novecento (1991), e l'ultimo, pubblicato nel 2012, dal titolo Critica e critici.

Da ricordare, inoltre, le sue edizioni critiche delle Satire di Ludovico Ariosto, della Chanson de Roland, del Libro dei vizi e delle virtù di Bono Giamboni e dell'Orlando Furioso (in collaborazione con Santorre Debenedetti). Note anche le sue molte prefazioni a saggi linguistici ed opere di autori classici della letteratura italiana e non solo.

La notizia della sua morte è rimbalzata su tutto l'ambiente letterario italiano, creando un profondo senso di vuoto e rammarico; ha sconvolto anche l'evento Libri Come, la kermesse del libro e della lettura presso l'Auditorium di Roma, cha ha chiuso i battenti proprio ieri sera.

"Una gravissima perdita" ha commentato il critico letterario Alfonso Belardinelli, "Segre è stato uno dei più autorevoli, influenti e discussi critici della seconda metà del Novecento".

Belardinelli esprime, inoltre, il suo profondo rammarico per non averlo potuto incontrare "di persona e discutere di più con lui".

Un uomo colto, avanguardista, un pilastro della semiologia e della filologia. Una grave perdita per la cultura del nostro paese. E che sia di monito il suo piccato giudizio sull'attuale classe politica che, se "in tempi lontani annoverava ottimi parlatori e oratori", ora "tende sempre più ad abbassare il registro, perché pensa di conquistare più facilmente il consenso, ponendosi a un livello meno elevato. È la tentazione, strisciante, del populismo. Naturalmente questo implica il degrado anche delle argomentazioni, perché, ai livelli alti, il linguaggio è molto più ricco e duttile".