Balzata agli onori della cronaca negli ultimi giorni è la notizia che in Abruzzo si trova la discarica abusiva più grande d'Italia, e probabilmente dell'intero continente europeo.

La regione che, per i suoi parchi e le sue aree protette vanta il titolo di area più verde d'Europa, è anche quella che detiene il tristissimo primato di terra martoriata da un disastro ambientale di enormi proporzioni.

Centinaia di migliaia di tonnellate di sostanze tossiche e nocive per la Salute dell'uomo giacciono, interrate alla profondità di 5-6 metri nel territorio di Bussi sul Tirino, un paesino con meno di tremila anime, nel Pescarese.

Si parla di un disastro ambientale senza precedenti, che avrebbe colpito nel tempo ben 700.000 persone (ovvero più della metà dell'intera popolazione abruzzese) le quali per anni, ma quasi sicuramente decenni, avrebbero bevuto acqua avvelenata da una miriade di sostanze inquinanti, che solo ad elencarle, un brivido gelido accappona la pelle.

Acqua dichiarata da sempre ufficialmente potabile, ma assolutamente non compatibile con il consumo umano.

A onor del vero, il sito della discarica di Bussi sul Tirino è stato posto sotto sequestro fin dal 2007. Già allora si prospettarono le ipotesi di reato di disastro ambientale e avvelenamento delle acque, e fin da allora furono chiusi i pozzi S.

Angelo, a valle della zona incriminata, che fornivano regolarmente acqua potabile a più di mezzo milione di persone, ospedali e scuole comprese.

Ma della presenza degli scarti industriali e dei rifiuti tossici interrati nella mega discarica si era già a conoscenza nel 2004, quando le analisi dell'ARTA confermarono che la contaminazione delle acque era in atto.

Nonostante questo, la fornitura di acqua avvelenata continuò ancora per altri tre anni, quando finalmente cessò, per l'intervento della magistratura.

Aldo Aceto, il sostituto procuratore della Repubblica di Pescara che seguiva al tempo le indagini, parlò nella circostanza di un "danno dalle proporzioni gigantesche".

Purtroppo la smentita sperata non è mai arrivata, anzi: da un dossier del 2012, caduto fin da subito nel dimenticatoio, si apprende che l'incidenza tumorale nella popolazione di Bussi risulta essere superiore addirittura del 70 per cento rispetto alla media regionale.

Nonostante ciò si è preferito non approfondire la questione, forse per non alimentare oltremodo l'allarmismo, che pure avrebbe giustamente dovuto infondere nella collettività il rapporto epidemiologico dell'ASR Abruzzo sui tumori.

Si calcola un danno ambientale di svariati miliardi di euro, mentre per bonificare le aree interessate dall'immane scempio, si stima che occorrano almeno 600 milioni di euro.

Il Forum Abruzzese dei Movimenti per l'Acqua continua costantemente, ora come allora, a vigilare sulla catastrofe e ricorda che: "Sostanze estremamente pericolose come l'esacloroetano da Bussi continuano ad arrivare a tonnellate alla foce del Pescara, come è accaduto nell'ultima alluvione del fiume di dicembre 2013 quando 1,45 tonnellate sono confluite nel Mare Adriatico in soli 6 giorni".