I ricercatori dell'Università del British Columbia (Canada) hanno scoperto che, negli ecosistemi d'acqua dolce, i predatori al vertice della catena alimentare hanno un ruolo determinante nella regolazione dei quantitativi di anidride carbonica (CO2) emessa in atmosfera.

Con l'obiettivo di comprendere meglio le conseguenze della perdita di questi animali, i ricercatori hanno appunto misurato le emissioni di CO2 in assenza o presenza dei predatori, lavorando su tre diversi ambienti di acqua dolce in Costa Rica e Canada, con caratteristiche idriche, idrologiche ed ecologiche differenti, pubblicando poi i risultati del loro lo scorso 17 febbraio sulla rivista Nature Geoscience.

Quando da questi tre ecosistemi sono stati rimossi tutti i predatori, il rilascio di anidride carbonica in atmosfera è aumentato del 93%.

"Attualmente si osserva un allarmante tasso di scomparsa dei predatori dagli ecosistemi a causa della pressione esercitata dalla caccia e dalla pesca e alle modifiche indotte dall'uomo ai loro habitat" dicono i ricercatori della British Columbia. Considerando che la CO2 è un gas ad effetto serra, lo studio dimostra che ciò ha importanti implicazioni a livello mondiale per il cambiamento climatico.

"Sapevamo che i predatori definiscono gli equilibri di un ecosistema determinando l'abbondanza di piante e animali alla base della catena alimentare, ma ora sappiamo che il loro impatto si estende fino al livello biogeochimico."

E' noto, infatti, che gli animali di maggior taglia presenti al vertice della catena alimentare regolano gli equilibri della comunità, cibandosi, in modo diretto o indiretto, di animali di minor taglia e dalle piante dell'ecosistema. Sono proprio gli animali più piccoli e le piante che svolgono un ruolo importante nel regolare lo scambio di anidride carbonica.